domenica 14 marzo 2010

Misery non deve morire


Se si guarda questo film in un uggioso pomeriggio del 2009, viene subito da chiedersi in che anno sia stato girato. Dai colori, dalla linearità dei colpi di scena, dalla ingenuità delle più estreme scene di violenza si capisce, infatti, come il cinema si sia evoluto anche solo negli ultimi 19 anni. Oggi storie come quella narrata in tale pellicola non sono più così improbabili come la costante tormenta di neve che avvolge la casa in cui tutto si svolge. Due anni fa una ragazza austriaca è sopravvissuta alla stessa disavventura del nostro scrittore. Si chiama Natasha Kampush. Chi non ne ha sentito parlare nell'estate di tre anni fa?La sua storia ha inondato le scarne pagine dei quotidiani estivi e la violenza psicologica che emerge dalla storia di questa ragazza ha, in effetti, qualcosa di perversamente poetico. Basta pensare al successo che "Misery non deve morire" ha avuto a suo tempo. Si tratta della stessa storia di Natasha in versione maschile. Sicuramente drammi di questo genere hanno un forte ascendente non solo sugli addetti ai lavori o studiosi della psiche, ma anche sui comuni lettori e spettatori: il rapporto diadico carnefice-vittima in un contesto di isolamento e sopravvivenza non scontato ha un suo fascino innato.

1 commento:

  1. Si può scoprire la versatilità dello scrittore se paragoniamo tale film a "Il miglio verde", quale raro esempio di trasposizione cinematografica ben riuscita, grazie al forte imprinting dato da King ai registi...
    Silvia

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