giovedì 13 dicembre 2012

Una famiglia perfetta


Nonostante l’alone generale che il film si trascina dietro ammicchi abbondantemente al cinepanettone, mi lascio trascinare in sala dal “legittimo sospetto” sollevato dal trailer. Qualcosa mi dice fin da subito che potrebbe non essere la solita trappola natalizia. In effetti l’ “asse” Castellitto-Giallini-Gerini già collaudato in “Non ti muovere” mi lascia se non altro incuriosita visto il successo del citato “trittico” nel film tratto dal celebre romanzo della Mazzantini.
 Una volta entrata in sala “Una famiglia perfetta” mi inonda con la creatività di un script veramente innovativo e fuori dagli schemi cinepattoneschi. Nonostante il film sia di matrice spiccatamente teatrale, la scenografia completamente realizzata in interni non va ad appesantire minimamente la resa del film nella sua interezza.
L’idea iniziale del regista è vulcanica e dirompente: non lascia spazio ad un eventuale riflessione su altri elementi critici del film, come la messa in scena di alcuni stereotipi. Il Natale diventa un teatro vero e proprio e Genovese riesce con leggerezza a condurre una riflessione profonda su quanto ci sia di autentico nel Natale. Se il personaggio di Castellitto non è proprio originale e ricorda un certo Scrooge di più antica memoria, l’idea della troupe che viene assoldata per fargli trascorrere un Natale in compagnia è veramente geniale, come lo è l’inizio ex-abrupto, che mi ha gettata in un iniziale senso di smarrimento.

lunedì 3 dicembre 2012

Di nuovo in gioco

"Di nuovo in gioco" è l'ultimo film prodotto da Clint Eastwood. La sua assenza alla regia in un film tipicamente nel suo stile crea un enorme buco nero entro il quale il film si perde. La pellicola viene inesorabilmente trascinata verso un remake melodrammatico pergiunta malriuscito del capolavoro "Gran Torino". Se lo scenario del baseball si pone come esca efficace, il film non si incentra mai su tematiche sportive, virando furbescamente da subito verso la narrazione del rapporto padre-figlia. La recitazione graffiata di Clint, riesce a regalare solo qualche sfumatura più profonda ad un personaggio piatto e maldiretto. La parabola sul talento risulta un'idea accattivante, ma viene esplorata con un condimento di luoghi comuni da rasentare la nausea. Quel che resta è una operazione commerciale riuscita a metà per chi non ha mai visto "Gran Torino" e per tutti gli altri semplicemente un prodotto furbo e  manieristico. 

lunedì 26 novembre 2012

007 Skyfall


Skyfall è la versione 2012 di James Bond. A 50 anni dalla nascita del più famoso 007 della storia, la sorte dello storico personaggio viene messa nelle mani del brioso Sam Mendes. Già meritevole della fama di outsider ed al contempo attento interprete della cultura americana, vedi pellicole come “American Beauty”, Mendes dipinge un James Bond sbalorditivamente innovativo.
Siamo di fronte al primo James Bond che riesce a scrollarsi di dosso quella patina di “secondo ciak”, che la era after-Connery aveva lasciato in eredità agli sfortunati sequel.
Non è il solo soggetto di James Bond a stupire: la pellicola rompe lo schema del rifacimento retrò per mettersi in competizione con i migliori thriller che il mercato cinematografico mette a disposizione degli spettatori di questo genere oggigiorno. Eccelle, infatti, l’aspetto scenico delle inquadrature con visioni panoramiche che evidenziano ogni potenzialità spettacolare delle sale cinematografiche di nuova generazione, creando un rimando di valorizzazione reciproca impressionante. Anche in questo Mendes esagera, ma sta sul pezzo, mantenendo la maestosità delle scene centrata sullo skyline metropolitano, al quale i fan di 007 sono da 50 anni abituati.
Una scritturazione così centrata garantisce un gioco se non facile, perlomeno più semplice a Daniel Craig che dal suo canto interpreta uno 007 di classe equiparabile alla versione conneriana.
In più la trama si snoda senza intoppi e con una fluidità che non tutte le versioni precedenti sono riuscite a mantenere. Troneggia su tutto un’aura di sogno, che non sconfina nella surrealtà. L’uso di rimandi vintage come l’uso di una macchina d’epoca che sicuramente sarebbe stata attuale ai tempi del primo 007 restituisce un senso di continuità tra le varie versioni così come la storica sigla di apertura, che diventa di chiusura.
  

lunedì 19 novembre 2012

Cinderella man

Dal regista Ron Howard di film che se proprio non hanno fatto la storia del cinema, ne hanno sicuramente riempito il valore (vedi "Apollo 13, Il Grinch, A beautiful Mind), "Cinderella Man" propone uno zoom molto a fuoco sulla storia vera del pugile Jim Braddock durante gli anni della Depressione americana.
 Se la recitazione di Russell Crowe è raffinata e al di sopra delle capacità manifestate dall'attore in altre performance altrettanto ambiziose (vedi "Il Gladiatore"), il film pecca proprio a livello registico per un tono narrativo eccessivamente pietistico, che rischia di fare scadere la pellicola nel patetico. Lo sviluppo della carriera del protagonista viene attraversato cavalcando in modo troppo gratuito il tema della povertà del contesto sociale di appartenenza. Ciò che emerge, in sostanza, non è l'ambizione, nemmeno intesa come voglia di riscatto, ma la cupezza (anche visiva) di un momento triste sia per la storia del pugile, che dell'America intera. 
Se una impostazione del genere può essere vista come calzante nella parte iniziale del film, in cui è strutturalmente necessario dare una consistenza al personaggio, man mano che il suo progetto di riscatto viene affrontato e perseguito, il film rimane monocorde e piatto. Si nota, in sostanza un forte scollamento tra il personaggio a livello fisico e psichico e il contesto che lo circonda, lasciando la parte più energica del film alle didascalie finali. E' come se un elicottero che non sa se riuscirà a volare, piano piano scoprisse di essere un aereo di linea, ma mentre decolla la telecamera continuasse a zoomare sulla pista (di atterraggio e o decollo!), lasciando un senso di ambiguità nell'aria.

sabato 10 novembre 2012

Red lights

Con "Red Lights" esco completamente dall'isola felice di genere cinematografico sul quale sono abituata ad esprimermi. Pertanto all'inizio ho la crisi della pagina bianca...ho paura di non capire bene la trama: in genere i film che sconfinano con l'immaginazione seguono una logica poco terrena. Seguo la storia interrogandomi per ogni aspetto che mi coglie di sorpresa e vivo per tutto il tempo in uno stato di stupore e di attesa che l'orrido, il trucido si impossessi del mio sguardo lasciandomi sconvolta. Probabilmente ero rimasta un pò suggestionata dal trailer e dai racconti dei miei amici che avevano visto "Buried", il film di Rodrigo Cortès, regista di "Red Lights", uscito nelle sale un paio d'anni fa. Per tutto il film rimango affascinata da una trama in bilico tra metafora sociale e paranormalità allo stato puro. A rappresentare l'America della falsità e degli inganni c'è l'attore che maggiormente incarna l'icona del cinema americano: Robert De Niro. Col suo sguardo cieco coperto da occhiali imperscrutabili, De Niro monopolizza la necessità di credere nei potere ultraterreni ingannando milioni di americani attraverso spettacoli truccati. Nel frattempo gli scienziati si prodigano a trovare evidenze empiriche dei suoi poteri, mentre il giovane protagonista del film gioca le sue carte coi piedi per terra, fino al capovolgimento di ruoli finale. "Red Lights" cavalca furbescamente una universalità di tematiche riuscendo a trascinare qualsiasi spettatore, in quanto gli lascia carta bianca di scegliere che film vedere ed in quale questione sociale, morale o indagine psicologica rivedersi. Le metafore sono, infatti, così ampie che chiunque può vedervi il proprio film, ma al contempo la trama rimane abbastanza coi piedi per terra sventando il rischio di un viaggio onirico senza nè capo nè coda. Inutile e stereotipato il preludio iniziale, con inquadrature che tagliano i particolare e non solo, lasciando un senso di trasandatezza, ma resta il dubbio che anche questo effetto non sia voluto.

lunedì 29 ottobre 2012

Io e te


L'orecchiabilità della traduzione della canzone di David Bowie "Ragazzo solo, ragazza sola" è una delle scelte più azzeccate della trasposizione cinematografica di "Io e te" di Niccolò Ammaniti. Bertolucci affronta la non facile resa filmica del brevissimo, intenso romanzo raggiungendo il momento più alto con la scena in cui la strofa "Dimmi ragazzo solo dove vai, Perche' tanto dolore? Hai perduto senza dubbio un grande amore Ma di amori e' tutta piena la citta'" riassume l'essenza della solitudine dei due fratellastri. Non è facile trovare una canzone che riesca ad esprimere in modo così intonato la profondità di una scena così centrale. Bertolucci è un grande regista e lo si vede anche nel modo in cui riesce a passare da film quali "Il Piccolo Buddha" a questo intimo scenario che minimizza le potenzialità del cinema costringendolo ad una scenografia teatrale. I due protagonisti si ritrovano nel rifugio sotterraneo del loro inconscio dove si animano ricordi repressi, misteri e paure. Grande interpretazione del protagonista Jacopo Olmo Antinori, che riesce a rendere in maniera profonda la non facile adolescenza di chi cerca nella crescita la ricerca disperata di un proprio spazio mentre tutto intorno si impone l'omologazione.

Se il romanzo riesce a prestarsi bene ad un tipo di ambientazione così intimisticamente cupa, la versione filmica ne risente un pò, in quanto l'aspetto visivo non può essere degnamente valorizzato.

venerdì 26 ottobre 2012

Cogan - Killing them softly


Cogan mi era stato descritto come un film estremamente violento e molto lento, così quando entro in sala e le luci si spengono mi comincio a proiettare in una dimensione di aspettative di irrimediabile violenza e lentezza. Allo scoccare del primo tempo ancora non ho  in mano la chiave del film: lo trovo meno noioso delle mie ormai ciclopiche aspettative, ma altrettanto verboso. Seguo così i lunghi dialoghi e primi piani, incorniciati in interni malcurati e claustrofobici. Mi lascio cullare da qualche citazione patinata del cinema gangster americano degli anni 30, macchine d'epoca e colori sfumati, finchè comincio a covare un sospetto, che lievita sempre di più...E se invece di essere un action movie sui gangster di ieri ed oggi, il regista si stesse beffando di tutti noi, nascondendo dietro l'algido viso di Brad Pitt una riflessione ben profonda sul sistema di valori americano? La conferma finale di questa mia asserzione si compie con la scena non a caso conclusiva del film in cui il Presidente Obama parla dei valori di uguaglianza e libertà dell'America. Subito dopo qualche battuta arrivano i titoli di coda.
Per chi si aspetta un action movie "Cogan - Killing them softly" è un flop. Mancano infatti tutti gli ingredienti di tale genere: dalla struttura narrativa alle scene d'azione. Il film può però essere efficacemente interpretato come una riflessione storico-sociale sull'evoluzione (involuzione?) della morale negli Stati Uniti. La sequenza di vetri che esplodono al colpo della pallottola omicida è un rimando al cinema ed alla mentalità dei gangster degli anni del crollo di Wall Street e l'intera pellicola ruota in tal senso. Acquistano così una loro logica l'assenza di una vera storia, che si trasforma in narrazione analitica della psicologia criminale ed anche le scene violente non risultano gratuite.

martedì 23 ottobre 2012

Il comandante e la cicogna

L'incipit de "Il comandante e la cicogna" rispecchia a pieno l'ironia e la leggerezza di Silvio Soldini: le statue di Garibaldi e Dante al centro di una indefinita piazza commentano con il loro fare super partes il fare dei passanti, i tempi che corrono e tutti quei discorsi di cui è intrisa la nostra qualità. Dalla fotografia accurata, il film "Il comandante e la cicogna" mette in scena con apparente buonismo e con grande arguzia la vita di una famiglia "qualsiasi", con tutti i suoi fantasmi, i suoi problemi e le sue incomunicabilità. I personaggi sono tutti molto ben scritturati, ma in questa atmosfera a metà tra realtà e finzione si ambienta al meglio il personaggio del figlio Elia, capace di zittire il padre con citazioni celebri e di irritare la sorella con domande per lei assurde. Con questo film Soldini ci regala un quadro solido della famiglia di oggi, in cui i problemi si affrontano assieme ed anche nell'incomunicabilità (tra padre e figlio) c'è accettazione. 

lunedì 15 ottobre 2012

Tutti i santi giorni

Paolo Virzì si è sempre contraddistinto per la regia di film originali e di uno spessore insolito: da “Ovosodo” a “La prima cosa bella”. Con “Tutti i santi giorni” il regista toscano fa un tonfo nell’ovvietà con una storia melensa e personaggi poco credibili. Se da un lato la recitazione degli sconosciuti attori protagonisti è sicuramente ragguardevole, dall’altro i loro personaggi sono fin troppo macchiettistici. La trama è forte e viene raccontata con l’inconfondibile binomio di leggerezza e profondità dei film di Virzì, ma sembra perdere d’occhio proprio il focus centrale su cui si era concentrata. Una bella riflessione sulla genitorialità viene trasformata in una inutile cronaca di una storia d’amore, come se il cinema dovesse per forza spiegare tutto: dall’ inizio alla fine. Nonostante ciò la scena della panchina merita, sia per la recitazione degli attori, che per il tono con cui è narrata, l’intero biglietto.

sabato 29 settembre 2012

Reality

Il dopo Gomorra di Garrone fà largo ai sogni, quelli con la S maiuscola, rappresentandone il potere accecante tramite immagini sfarzose. Partendo dalle scene sfarzose di un matrimonio faraonico la storia sprofonda in modo sempre meno idilliaco e sempre più patologico.
Luciano è un verace pescivendolo di Napoli che vende di contrabbando robot da cucina improbabili quanto esteticamente repellenti. Una delle prime scene del film introduce lo slogan "Non dovete mai smettere di credere nei vostri sogni", ma la vita del protagonista finisce in un tunnel di schiavitù da essi, quando iniziano i provini del Grande Fratello. Garrone propone una trama adagiata su un letto di napoletanità perfettamente scolpito, ma la sua asserzione è molto profonda: il Grande Fratello può portare a creare falsi valori di successo fino a fare perdere il senso di realtà? Da psicologa mi sento di dire che una persona che perde l'esame di realtà a tal punto da pensare di essere spiata dal Grande Fratello e da regalare teatralmente tutti i propri beni al prossimo per fare vedere di esser degno del programma, ha nel reality solo l'evento scatenante di una patologia megalomane che si sarebbe comunque scatenata con altre modalità. Garrone vuol farci riflettere con immagini pittoresche e dialoghi in parte sottotitolati su dove sta andando una parte del mito del progresso e su quali valori abbraccia una determinata società. Non siamo, però, così fragili, non lo è la società. Il Grande Fratello non ha tutto questo potere ed aggiungo per fortuna.

domenica 23 settembre 2012

The Words

Una scatola cinese dalla trama potenzialmente intrigante, The Words propone una riflessione morale sull'onestà intellettuale e sul confine tra fortuna e furto di idee. Non è la prima volta che al cinema l'intera scritturazione di un personaggio si incentra su un tema del genere quale quello del fine che giustifica i mezzi. I registi Brian Klugman e Lee Sternthal partono da questa idea proponendo una patetica drammatizzazione del protyagonista, che non lascia scampo ad un giudizio di valore puritano e castrante. La recitazione di Bradley Cooper, del resto, è amorfa e insipida, nonostante il montaggio non lasci sfuggire tempi morti. In inglese thriller significa emozionante ed in tale genere "The Words" è stato stato schedato. Eppure tutto scorre in modo stereotipato e prevedibile tanto da smorzare sul nascere qualsiasi brivido potenziale.

lunedì 17 settembre 2012

Prometheus

Prometheus, l'ultima fatica di Ridley Scott, rispetta, senza fantasia, tutti i protocolli informali dei film fantasy americani. Ci sono il bene ed il male, gli effetti speciali, i mostri disgustosi e la storia d'amore che fà da sfondo. La trama presenta spunti di riflessione interessanti che, però, non vengono sviluppati in modo altrettanto creativo nel corso del film ed il finale ammicca ad un sequel. Il cast è ricco di star, ma le loro performance sono piatte. Gli effetti speciali colpiscono, ma non travolgono ed il 3D è abusato in quanto molte delle scene sono in interni.

domenica 16 settembre 2012

L'intervallo

"L'intervallo" dura quanto una partita di calcio, ma qui il gioco è molto cupo e la location non è un bel campo all'aperto, ma una casa buia, abbandonata e dai confini indefiniti. L' intervallo di permanenza in questo luogo è sconfinato e la dimensione del tempo si perde negli sguardi tra i due protagonisti, che si soffiano a vicenda come due gatti impauriti. I dialoghi sono ermeticamente napoletani, quasi a voler rendere ancora più criptico ed inconoscibile tutto ciò che stà accadendo. L'opera prima di Leonardo Di Costanzo si fonda sulla semplicità dei due protagonisti, due non professionisti ai confini con l'adolescenza.Un pò manieristico è il setting, che sicuramente regala un colpo d'occhio iniziale, ma che con lo scorrere della trama pecca di superficialità. Il crescendo di tensione non si avverte, molte delle scene risultano scontate e questo viaggio di iniziazione è raccontato in maniera autentica, ma sofferta. 

sabato 8 settembre 2012

Bella addormentata

Eluana Englaro è morta.
 Il grande scandalo si consuma lentamente attraversando le storie di tutti quelli che tra le mura domestiche vivono lo stesso genere di morte o muoiono nel tentativo di sopravvivere, a seconda dei punti di vista. Vivere, sopravvivere, morire nell'anima, annientarsi fisicamente ed essere annientati fisicamente, Bellocchio coniuga il senso della vita all'attivo ed al passivo, proponendo una messa in scena di tante piccole storie.
Cosa succede in una famiglia quando una bellissima figlia rimane in stato vegetativo e la madre perde d'un colpo la forza di vivere? Cosa accade quando una figlia scopre che il padre ha dolcemente collaborato alla morte di sua madre, glielo perdonerà mai? Cosa succede se la voglia di vivere viene estirpata brutalmente dal virus della depressione per colpa della droga? Quale di tutte queste condizioni è vita?
La struttura a piramide della narrazione, che culmina nella scelta del senatore del PdL di dimettersi, votando contro la legge che proibirebbe alle tante Eluna di cessare la loro sofferenza, ha una compattezza sublime. Ogni storia ha una sua direzione, ma non si percepisce alcuna frammentarietà narrativa. Tutto si intreccia, eppure ognuno rimane dentro la propria sofferenza.
Il ritmo è serrato e le scene non sono cupe, ma intense. Il finale conclude, ma lascia intravedere vari squarci interpretativi, tutti segnali di una regia da Leone d'Oro.

lunedì 4 giugno 2012

Cosmopolis

Pessimamente doppiato, nonchè recitato dal protagonista Robert Pattinson, "Cosmopolis" soffre di una irrimediabile monotonia scenografica. Ciò che preoccupa è proprio il fatto che questa caratteristica sia la nota principale del film. Esso si connota come visionario fin dalla scena iniziale in cui il protagonista dal taglio perfetto di fronte ad un mondo allo sbaraglio sale sulla sua surreale limousine determinato ad andare ad "aggiustare il taglio". Sembra, infatti, proprio l'unica cosa che non ci sia da aggiustare in quel momento. La trama di fatto è esigua ed i dialoghi sono intrisi di sesso e violenza, così come lo sono le scene. Del resto anche in "Crash" Cronenberg aveva fatto leva su questi elementi per ritrarre una società allo sbaraglio. L'idea iniziale di rappresentare la fine dell'era del capitalismo è interessante, ma c'è un pò troppo cerebralismo, autocompiacimento e stasi nei ritmi per poterlo considerare un film riuscito.

domenica 3 giugno 2012

The tree of life

Circa un anno dopo la sua vittoria al Festival di Cannes e dopo averlo mancato in ogni forma di proiezione per ogni forma di possibile coincidenza, finalmente mi approprio fisicamente del film nel modo più definitivo e ccategorico: lo acquisto. Finalmente stasera la curiosità che ho nutrito per un anno e che ha in parte accompagnato i miei pensieri di tutti questi 365 e passa giorni è stata ripagata.
Dopo una tale attesa si può immaginare che le aspettative fossero molto alte, ma il regista de "La sottile linea rossa" è riuscito veramente a lasciarmi a bocca aperta. L'inizio ex abrupto, che fa entrare subito nel vivo della trama, poi queste lunghe pause contemplative in cui la fotografia e gli effetti speciali si sbizzarriscono nell'interpretazione del senso della vita, infine l'entrare di nuovo lentamente nella trama. "The tree of life" è un film di contemplazione, ma anche di realismo estremo: una sintesi dei momenti alti e bassi di ogni esistenza. Si potrebbero scrivere mille cose su questo film: ciò che mi ha più colpito è la recitazione del bambino protagonista, che interpreta la disillusione e la frustrazione del risvegliarsi a 7 anni circa coscienti e pensanti e scoprire con la propria mente non più così ingenua quanta rabbia e violenza può nascondersi nella vita quotidiana. Qual è allora la vera vita? Un mix di frustrazioni, rimpianti e momenti indimenticabili o c'è uno di questi due aspetti che indelebilmente prevale sull'altro? Non era facile rendere con tale grazia, classe  ed originalità narrativa un tema così delicato.   

domenica 20 maggio 2012

Ciliegine

Esplosivo, esilarante, snob al punto giusto: ecco il primo film della grande attrice italiana Laura Morante. Ogni attore prima o poi sogna di essere regista di almeno una storia dopo essersi prestato ad interpretarne tante. Laura Morante taglia questo traguardo con una commedia brillante molto francese, ma anche tanto italiana. Riesce a coniugare lo humor francese scrollandogli di dosso i ritmi delle commedie di tale Nazione, in genere terribilmente lenti. Il risultato è un film frizzante, dall'aria un pò svampita e dai buoni sentimenti. La sceneggiatura è perfetta e Laura Morante si costruisce un ruolo non autocontemplativo, cosa che per un attore che di colpo si fa regista significa tanto. Da vedere.

sabato 19 maggio 2012

In carne e ossa

"Sento che lo sguardo di Francois nasconde qualcosa...è sfuggente...sento che quando guarda me invece ha paura". Viola pensa questo, racchiusa nel suo silenzio innocente, ma non ingenuo. Tra lei e lo psichiatra ingaggiato dalla grigia famiglia per tirarla fuori da una anoressia inquietante, si instaura un rapporto sempre più solido, fatto di silenzi e confessioni. Viola è semplicemente una ragazza sola, ha solo bisogno di amore, tanto da chiedere allo psichiatra di scriverle una lettera d'amore che inizia con "mio bruciante amore". Sta in queste esternazioni naive che si nasconde il cuore del loro perverso rapporto, fatto di ricatti e sogni impossibili. Splendidamente scritturato il rapporto tra Viola e Francois, mentre i genitori di lei si svelano molto lentamente e ed i loro personaggi prendono corpo con tempi diversi. Gli attori Alba Rohrwacher ed Ivan Franek si esibiscono in una interpretazione che colma alcune lacune registiche. In carne e ossa è un film emozionante e razionale al contempo, che riesce a rappresentare l'anoressia senza focalizzarsi  solo sul rapporto col mangiare, il quale diviene uno dei tanti aspetti della personalità di Viola.

domenica 6 maggio 2012

Into the wild

Struggente parabola di una vita yippie che rincorre il valore della libertà, arrivandone a conoscere tutte le sfumature, nel bene e nel male. Ritratto di un modo di vivere alla ricerca di una risposta ai propri tormenti interiori mediante la fuga. Il viaggiare diviene dunque un vagare illudendosi che ci si possa dimenticare di ciò che si è assorbendo nuovi scenari. Da questo punto di vista il film è veramente spettacolare, la fotografia regala immagini e panorami che sintentizzano in un fotogramma il concetto della bellezza e trasmettono una sensazione di infinitezza e liberazione. Sean Penn accompagna con un montaggio che scandisce e confonde al contempo, la vita di Christopher McCandless o meglio la sua fuga dalla realtà alla ricerca di una felicità più ascetica che sociale. Il regista mira a realizzare un film esistenziale e riesce in pieno nel suo intento con una pellicola che si snoda nello spazio e nel tempo e che con il finale riesce a trasmettere il senso di questo viaggio.

martedì 1 maggio 2012

The avengers

Non avevo mai visto un film sui supereroi e non conoscevo il mondo di questo genere che di per sè non mi attira. Mi sono lasciata trascinare in sala accettando il rischio che il film potesse non piacermi, ma anche concedendomi la possibilità che mi stupisse. Mi sono, così, accomodata in mezzo ad una sala gremita di teen-agers e più o meno giovani. Lo spettacolo è stato doppio: da un lato la potenza degli effetti visivi della pellicola condita con un umorismo bizzarro e solare, dall'altro la turbolenza surreale di un 10% della platea. Man mano che la spettacolarità andava avanti acquisendo forme sempre più surreali, con effetti speciali che nella versione 3 D avrebbero lasciato attoniti, anche la platea si coloriva di dinamiche mai viste in un cinema civile fino al boato di uno spettatore "Ma insomma siamo 400 contro 10 cosa vogliam fare?".
Il mio vissuto di questa proiezione è dunque il frutto di un remix di tutti questi aspetti, ma volendo concentrarmi sul film in sè posso dire che non mi sia stato facile entrare nella trama essendo completamente all'oscuro dell'esistenza di un intero mondo di pellicole sui supereroi, qui tutti riuniti contro le forze del male.
La trama mi è apparsa all'inizio un pò contorta, ma riconosco il fascino dei personaggi seppure li veda piuttosto infantili nel modo di essere scritturati. Sicuramente anche la banale opposizione tra il bene ed il male è figlia di un cinema americano molto easy, ma che evidentemente piace non solo ai ragazzini.

lunedì 23 aprile 2012

Diaz

Diaz è un autentico pugno nello stomaco. Entro in sala travolta dall'incipit ex abrubto: una sequenza di immagini in steady cam che cercano di rendere più documentaristica possibile l'interpretazione di quel fatidico G8. La violenza è la vera protagonista in un film senza attori principali, ma dove tutti sono vittime o carnefici della stessa. L'analisi sociale di Vicari è veramente accurata, tutto si concentra sulle distinzioni tra manifestanti pacifici e black block e tra polizia sanguinaria e polizia e basta. Si parte dal caos più totale, da quella bottiglia che cronicamente si infrange alla moviola contro la strada e poi tutto ricomincia, ma con sempre maggiore chiarezza. Quando tutto viene spiegato  (alla base di questa interpretazione ci sono gli atti processuali consecutivi al G8) non resta addosso che un senso di violenza e di angoscia data dall'irreparabilità delle azioni di chi ha voluto fare di tutte le erbe un fascio. Questo film inoltre spiega molto bene come possa succedere che una condotta repressiva insana e perversa possa essere messa in atto in maniera sistematica da quella folla che non pensa: perchè questo ormai è un dato scientifico.

lunedì 2 aprile 2012

Posti in piedi in Paradiso

“Posti in piedi in Paradiso”, l’ultimo film di Verdone parte da una forte aspirazione sociale: quella di fotografare la società dei cinquantenni di oggi e di quella moltitudine di famiglie spaccate e lacerate dalle separazioni coniugali. I protagonisti del film sono tre uomini di mezza età che si ritrovano ad essere abitativamente defenestrati dalle proprie mogli ed intraprendono una bizzarra quanto obbligata condivisione di un appartamento. Nessuno dei tre, infatti, può permettersi un appartamento da solo perché sono troppo impegnati economicamente ad erogare assegni di mantenimento di ogni genere.
Se i personaggi appaiono stereotipati fin dall’inizio, la sceneggiatura è piatta e poco incisiva. Verdone stavolta non convince neanche me che lo ho sempre considerato uno dei migliori registi italiani viventi. Sembra tutto un ripetersi e riproporre un collage di situazioni risultate vincenti in passato.

domenica 18 marzo 2012

Magnifica presenza

Poetico e surreale come tutti i film di Ozpetek, "Magnifica presenza" è un film sul confine tra la realtà e la finzione, su quale delle due sia il vero specchio della realtà. Molto in linea come genere con "Mine vaganti" e "Le fate ignoranti", "Magnifica presenza" mi ha molto ricordato "Tutto su mia madre" di Almodovar, sia per la rifllessione sul tema della finzione, che per alcuni aspetti scenici e scenografici. Elio Germano interpreta con maestria un attore alle prime armi che si trova a condividere il proprio appartamento con una serie di fantasmi. Il film nonostante l'ispirazione originale, langue in molte scene e la sola invenzione iniziale non sembra sufficiente a traghettare il film fino in fondo.

Concerto Moretti

Teatro Arena del Sole- Bologna
Prendo di mira questo spettacolo già da un mese prima, ma compro il biglietto solo a qualche ora dal suo inizio. Macino fino all'ultimo la suspence del "ce la farò ad andarci?", poi all'ora di pranzo dopo un breve bilancio economico e sulle possibili sorti del mio sabato sera mi fiondo piena di speranza in biglietteria...in fin dei conti un posto solo si trova quasi sempre. E mi va bene.
Quando Nanni Moretti entra in sala penso che forse sarà uno spettacolo  un pò statico e noioso, ma quando il regista-attore inzia a recitare gli spezzoni dei suoi film, con una popolatissima orchestra alle spalle, mi sembra di rivedere tutta la mia tarda infanzia/adolescenza davanti ai miei occhi...come un lungo ciak.
Mi ricordo quando mi alzavo la domenica mattina prestissimo e non sapevo che fare perchè tutti ancora dormivano. Allora aprivo la credenza delle videocassette e ne sceglievo una a caso e me la guardavo. Fu così che conobbi 8 e mezzo di Fellini e Nanni Moretti. La prima volta che vidi un suo film fu in quel genere di circostanza ed era "Palombella rossa". Ricordo che ero poco più che una bambina e guardai tutto il film fino in fondo sperando di vedere prima o poi una scena fuori dalla piscina...alla fine conclusi stupita "questo Nanni Moretti è proprio pazzo".
Una decina d'anni dopo, appena maggiorenne avrei cercato di organizzare una retrospettiva sul regista presso il circolo dei DS. Inviai speranzosa una mail alla Sacher chiedendo se potevano procurarmi "Io sono un autarchico": il suo introvabile primo film del '76.
"Caro diario" riempì alcune mie ore di noia: lo rividi talmente tante di quelle volte che ne ricordo ancora le battute e la colonna sonora indimenticabile. Osservavo affascinata l'agosto deserto di Roma.
Questo spettacolo teatrale mi rigetta con una immediatezza impressionante negli anni più confusi della mia vita: quell'adolescenza che faticava ad esplodere, la solitudine di quegli anni ed il cinema come unico sogno possibile e per di più così a portata di mano. Ricordo con esattezza il perimetro del tappeto dentro il quale mi sedevo sentendomi protetta come un gatto dalla sua superficie definita, mentre alla tv le immagini cominciavano, continuavano a scorrere.
"La stanza del figlio" è  il film di Nanni Moretti che ha avuto nella mia vita il ruolo più importante: la storia di una famiglia che si disgrega di fronte ad una morte. Mentre Nanni Moretti stasera recitava alcuni brani mi sono accorta di ricordarli ancora a memoria, nonostante abbia visto il film solo una volta. Poteva essere la storia della mia famiglia, ma per fortuna non lo è stata.
Infine "Habemus Papam", il ricordo di quel secondo spettacolo di un inizio aprile. Il primo gelato della stagione ad un baracchino dopo la proiezione. Il primo film assieme a lui.

domenica 4 marzo 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile



Il film di Faenza ha lentamente riportato i miei pensieri agli anni confusi della mia adolescenza. Ero entrata in sala aspettandomi una oleografica pellicola a tema, ma il vero protagonista del film non è l'omosessualità, ma James ovvero l'adolescenza. Ricordando vagamente il romanzo"I dolori del giovane Werther" di Goethe, in quanto a delicatezza, "Un giorno questo dolore ti sarà utile" ha rappresentato per me un viaggio nel tempo di almeno 12 anni. Mi ha ricordato gli anni più confusi della mia vita e per tutto il tempo del film la attenzione critica per tutti gli aspetti tecnici della pellicola è stata obnubilata da questo improvviso effetto madelaine di Proust.



Per una volta Faenza riesce a costruire un personaggio che risulta completo e ben scritto, mentre in tutti i suoi film precedenti, seppur i soggetti fossero notevoli (Prendimi l'anima), rimane sempre nell'aria un senso di incompletezza.



James è un personaggio la cui autenticità è colta fino in fondo. Anche se altri aspetti del film possono risultare un pò trascurati (il ritmo di narrazione è infatti un pò affannato), la personalità di James o perlomeno la sua ricerca di essa risultano proprio messi a fuoco in maniera nitida.



Faenza ha, inoltre, il merito di riuscire ad affrontare il tema abusato della normalità/follia in maniera leggera e scevra da luoghi comuni: proprio come se dietro la cinepresa ci fosse la fantasia e la linearità di un adolescente.



Da psicologa vedo nel film l'unica caduta di stile della scelta di un life coach rispetto allo psicoterapeuta del testo originale di Cameron. Sembra quasi che per fare un film moderno si debba rinnegare il potere terapeutico della psicanalisi. Inoltre questa scelta risulta poco credibile anche per l'attrice orientale scelta. Non si tratta di un commento razzista, piuttosto della volontà di sottolineare come sia un pò assurdo che James trovi risposte alle sue domande proprio in quella fasulla cultura pseudo-spiritualista che infesta le menti dei suoi genitori che sono la causa primaria del suo malessere.

sabato 25 febbraio 2012

Shame

Entro in sala con una vecchio che commenta le scene ad alta voce come fosse a casa sua ed in film del genere si possono immaginare i tipi di commento...Questa presenza dona una nota vintage alla visione di questo film ricordandomi come ormai andare al cinema sembri in alcune circostanze una moda superata.

A parte questa considerazione iniziale sul contesto e sull'atmosfera generale in cui mi trovo catapultata in questo sabato di inizio disgelo, posso affermare ex abrupto come "Shame" mi doveva sbalordire e mi ha sbalordito.

Nonostante sia nelle sale già da più di un mese e se ne sia parlato sulla stampa ed alla televisione, nonchè al Festival di Venezia, "Shame" riesce a stupirmi. Il soggetto è spettacolare: una perversione invisibile agli occhi superficiali della gente, nulla di palesemente contro natura, eppure Brandon è una persona sessualmente tormentata. Rispetto ai gesti della sorella il suo è un comportamento molto meno autolesionista, ma molto più palesemente sofferente. Già perchè l'unica cosa che si capisce fin dall'inizio è che Brandon sta male. Scena dopo scena il regista compone il quadro della sua psiche come fosse un puzzle da montare pezzo dopo pezzo o la scena di un delitto da svelare.

Le riprese sono molto accurate ed alcuni piani sequenza dall'impatto visivo veramente riuscito.

L'assenza quasi totale della trama non si sente nemmeno perchè il realismo descrittivo pervade lo schermo e riempie di contenuto il film.

Michael Fassbender interpreta Brandon in maniera eccellente, mentre sdolcinata e stereotipata è l'interpretazione di Carey Mulligan, il cui ruolo è quello della sorella di Brandon, cantante problematica con tendenze suicide. Eppure anche il suo personaggio è ben scritturato.

domenica 12 febbraio 2012

Fino a prova contraria




Sconvolta dalla finezza di capolavori come "Million dollar baby" e "Gran Torino", mi avventuro nella ricerca a ritroso di altri film di Clint Eastwood. Mi imbatto così in "Fino a prova contraria", pellicola del non così lontano 1999. Il viso del regista attore comincia già ad essere solcato dalle rughe anche se rimane invariata l'inconfondibile astuzia del suo sguardo. Nonostante la regia non sia così banale va notato come già il tema della pena di morte negli USA sia stato toccato con successo nel '95 con il popolare "Dead man walking". Il film di Eastwood è ben fatto, ma al contempo molto patetico e poco originale. Il montaggio ed i dialoghi sono da classico film americano sui diritti umani. Nulla avvince in particolar modo anche se nel complesso il film non è da buttare. Sicuramente il film va anche visto come una presa di posizione del regista nei confronti del tema della pena di morte.

giovedì 9 febbraio 2012

Tre uomini e una pecora



Detesto l'umorismo americano, non sono mai riuscita ad apprezzare nemmeno le forme più popolari e di successo di questo genere. Eppure sarà che fuori c'è la neve e domani si dice che la tormenta tornerà, sarà la particolare giornata di oggi, in cui mi sento un pò più fragile e pensierosa del solito, questo "Tre uomini e una pecora" nonostante tutto mi è piaciuto. Goliardico come non mai e surreale fino a sfiorare il cattivo gusto, questa pellicola riesce, però, a mantenere sempre un certo contegno ed un suo perchè. Allusioni sessuali che non sono assolutamente delle allusioni e simbologia della pecora che rappresenta l'animale che è in ognuno di loro e di noi, l film trasmette un grande senso di leggerezza. Montato bene, dura il tempo necessario per esprimere il meglio di sè, ill meglio del suo genere.

domenica 5 febbraio 2012

Millenium- Uomini che odiano le donne



Mikael Blomkvist è tornato e soprattutto Lisbeth Salander è tornata. La fortunata saga di Stieg Larsson rinasce per la seconda volta, tentando in questo tentativo la pista americana. Il risultato è un prodotto molto più commerciale con molta più violenza e molto più sesso rispetto innanzitutto al libro e poi alla prima versione cinematografica. Il fascino di Lisbeth Salander non è lo stesso della versione svedese e soprattutto non è supportato da una sceneggiatura all'altezza di un così torbido ed intrigante personaggio. Anche il Daniel Creig che interpreta Blomkvist non ha quello charme ruvido ed un pò qualunque del Mikael Niqvist della prima versione. Il dubbio finale che resta è: non tutti i film possono essere americanizzati con successo o è il terzo confrnoto a non reggere?



Ad ogni modo la pellicola è ridondante nella durata e nel ritmo.

domenica 15 gennaio 2012

L'industriale




Ormai Favino è un vero mattatore nel quadro del cinema italiano attuale, anche se il ruolo che interpreta è sempre rassicurantemente lo stesso: uomo infelice, sfortunato e cornificato. In questo caso la sua recitazione domina la trama, ma al contempo non è l'unico elemento trainante. Il regista Giuliano Montaldo mette assieme una storia dal ritmo serrato, quasi un giallo, in cui l'introspezione psicologica dell'industriale del titolo è veramente eccellente. Ogni particolare è definito in maniera accurata ed il color seppia della pellicola con cui il film è girato conferisce un tocco di classe.

sabato 14 gennaio 2012

La talpa



Entro in sala forte delle 4 stelle attribuite alla pellicola da Mereghetti (le stesse date a film come Arancia Meccanica e 2001 Odissea nello spazio tanto per intenderci), poi ormai dopo "Il Discorso del Re" Colin Firth fa incrementare il numero di biglietti staccati per principio. Mi imbatto in una trama dai dialoghi ben studiati e dalle scenografie cupamente dense, ma se devo essere onesta faccio molta fatica a seguire la storia, che trovo fin dall'inizio troppo complicata...La ricostruzione è perfetta...la recitazione di Gary Oldman supplice la semi comparsa di Colin Firth, ma non riesco a farmi travolgere completamente dalle sensazioni perchè la mia mente rimane a lungo intrappolata nel tentativo di comprendere la trama. Peccato.

domenica 8 gennaio 2012

Il cuore grande delle ragazze



Il volto di Cremonini e l'aria svampita di Micaela Ramazzotti calzano a pennello in questa nuova pellicola di Pupi Avati. La malinconia di fondo è d'obbligo trattandosi di un film del noto regista bolognese, i colori sono sfumati, come nei ricordi. Del resto la trama è ambientata negli anni'30 e ciò contribuisce a costruire la atmosfera del film. Corto e dal ritmo cadenzato, Pupi Avati confeziona stavolta un prodotto ben equilibrato, mentre spesso le sue pellicole peccano di eccessiva lentezza.

sabato 7 gennaio 2012

Across the Universe



Dopo averlo perso al cinema nell'ormai lontano 2007, riesco a riesumare dal morente Blockbuster vicino casa "Across the Universe". Una cara amica me ne aveva parlato estasiata, ma quello che non mi aveva detto era che la musica avesse un ruolo non solo dominante, ma soffocante rispetto alla trama. In effetti si tratta di un genere strano nel senso che è borderline tra commedia e musical ed il vero protagonista sono le canzoni dei Beatles che travolgono la trama, che non riesce a ritagliarsi un suo spazio vero e proprio. Bella la scenografia e l'ambientazione, ma debole tutto il resto.

mercoledì 4 gennaio 2012

Miracolo a Le Havre



Il finlandese Kaurismaki, già regista d'alto livello, con "Miracolo a Le Havre" confeziona un piccolo miracolo cinematografico: sceneggiatura raffinata dall'ironia sofisticata ed una trama che tira in ballo il tema dell'immigrazione tanto in voga di questi tempi, riuscendo a coglierne l'essenza della drammaticità senza scadere in facili luoghi comuni. Un vero film d'autore da non perdere.

domenica 1 gennaio 2012

La kryptonite nella borsa



Finalmente riesco a vedere questo film in una sala di seconda...ero stata trattenuta dalla trama un pò assurda che poco mi convinceva. Alla fine ho ceduto di fronte alle critiche positive e mi sono avventurata. La trama in effetti è resa in modo visionario, cogli occhi di un ragazzino un pò ingenuo. L'idea non sarebbe neanche male se non rimandasse direttamente a Forrest Gump...Già sceneggiatore di film di successo come "Le mine vaganti", Cotroneo debutta alla regia con una pellicola abbastanza originale, ma che forse non buca lo schermo come si sarebbe voluto. I personaggi sono deformati ed in qualche passaggio c'è una forte similitudine con "Il favolso mondo di Amelie".