domenica 18 ottobre 2015

The Lobster

"The Lobster" è paragonabile ad una macchia di Rorschach. I suoi tratti inquietanti in antinomia con il tono sarcastico della narrazione lasciano allo spettatore tutto lo spazio interpretativo che vuole prendersi. Per questo ho visto persone uscire dalla sala a tre quarti di pellicola, altre ridere di fronte alle innumerevoli provocazioni del regista greco vincitore del Premio della Giuria.
"The Lobster" si suddivide nettamente in due sezioni, come a voler scimmiottare i gironi danteschi o un videogame a schemi. In entrambe il regista declina la bestialità dell'uomo minacciata nella prima parte dalla sua provocatoria metamorfosi in un animale.
Il film vincitore del Premio della Giuria a Cannes racconta l'espiazione del dolore attraverso un surreale soggiorno in Hotel. Essere rimasti soli diventa una colpa e pur di superare questa condizione alcuni sono disposti a mentire di fronte a tutti, fingendosi di innamorarsi. L'identità sociale e la maschera pirandelliana che le sofferenti vittime vestono, sovrastano con la loro freddezza i rispettivi sentimenti, pur di scongiurare la metamorfosi. Del resto la sofferenza può nobilitare, ma anche abbrutire.
La seconda sezione del film ribalta il set: da un freddo Hotel di Lusso si passa ad un bosco selvaggio e l'innamoramento da dictat diventa tabù. 
L'uomo si ritrova così a scappare rimanendo ingabbiato a regole sempre più opprimenti, senza riuscire a trovare un proprio spazio.  

giovedì 1 ottobre 2015

Non essere cattivo

"Non essere cattivo": tre sono le parole impresse sull'orsacchiotto che il protagonista dallo sguardo sospeso su un mondo moralmente decaduto regala alla figlia. Cesare non è cattivo e ce lo dimostrano le innumerevoli scene dalla intensità emotiva romantica e appassionata. Basterebbero solo alcune di queste per convincere lo spettatore che l'ultimo film di Caligari merita non solo di rappresentare l'Italia all'estero, ma anche di vincere la statuetta 2016 di fine Febbraio. La matrice documentarista di Caligari si intuisce dall'indagine sociale del soggetto e del suo contesto, senza soffocare la trama, ma rafforzandone l'intensità. La pellicola può essere vista, infatti, come un profondo trattato di morale esistenziale, che non sentenzia, ma descrive il mondo di Cesare e Vittorio. I loro personaggi sono disegnati ed interpretati con una nitidezza surreale, che spiazza lo spettatore abituato all'ambiguità comunicativa di simili character. Se torbide sono le loro vite, così non è per le loro anime, guidate da un bestiale spirito di sopravvivenza. Man mano che la pellicola avanza, una divina misericordia si cristallizza sulle loro azioni e sullo sguardo spaesato di Luca Marinelli, interprete di Cesare, che avrebbe meritato la Coppa Volpi 2016. "Non essere cattivo" descrive le debolezze dell'uomo. Disegna in modo netto l'ignoranza che regna sovrana su un mondo piegato dall'assenza di un modello di vita sano.