sabato 16 maggio 2015

Il racconto dei racconti

L'ultimo film di Matteo Garrone si pone fin dal titolo come una fedele traduzione. La raccolta seicentesca di racconti del napoletano Giambattista Basile "Lo cunto de li cunti" viene accuratamente trasformata in un prodotto cinematografico dal titolo facilmente traducibile in americano. Fin da questo dettaglio l'impressione è di un atteggiamento di compiacenza del regista nei confronti del cinema spettacolare. Il labirinto in cui si perde Salma Hayek ricorda alcune atmosfere dei film di Tim Burton, così come trucco e acconciatura dell'attrice la rendono palesemente simile alla collega Helena Bonham Carter in "Alice in the Wonderland" dello stesso regista.  Se con "Gomorra" lo zoom era sceso su una tematica poco nobile, seppur comunicativamente potente della Campania, qui il regista sembra voler riscattare mediaticamente la Regione. 
"Il racconto dei racconti" è una raccolta di citazioni cinematografiche in cui lo storytelling tanto di moda al giorno d'oggi è narrativamente utilizzato in maniera poco sapiente. Se da un lato è il primo film italiano che abbia visto che si accolla l'onere di una strutturazione in racconti d'epoca, rimanendo al di fuori del genere della commedia all'italiana, dall'altro l'anima del film non è mai chiara. Alla base dello storytelling c'è infatti un valore universale da condividere. In particolare i racconti del '600 sono intrisi di archetipi alla base dell'educazione pedagogica e della società odierna. Tuttavia "Lo cunto de li cunti" non riesce mai a soffermarsi in maniera convinta sui simbolismi che cita: li descrive, ma non li rappresenta. Credo inoltre che il taglio impersonale del regista non convinca perchè non rientra nello stereotipo del cinema d'intrattenimento italiano. L'ultimo film di Garrone rappresenta una coraggiosa sfida registica non riuscita a tal punto da potersi meritare la presenza sulla Croisette 2015.