martedì 30 novembre 2010

La donna della mia vita


La società di oggi, ma più che altro le coppie e gli uomini di oggi sono ormai più e più volte entomologicamente analizzate dal cinema. Per questo il film di Luca Lucini è apprezzabile. Pur ripercorrendo tutte gli stereotipi riesce a riempire la propria rappresentazione con una certa autenticità profonda. Il suo attore feticcio è ormai dichiaratamente il bellissimo Luca Argentero, già presente nei suoi film più recenti "Solo un padre" e "Oggi sposi". La sceneggiatura scritta da Cristina Comencini è palesemente di un certo livello.

mercoledì 24 novembre 2010

Illègal


La condizione esistenziale della clandestinità, di chi non ha una patria, di chi vive nascosto in posti squallidi è il focus scelto dal regista che decide di intersecare tale tematica con quella non facile della separazione tra una madre ed un figlio. Sicuramente gli argomenti trattati sono facilmente suggestionabili, ma la resa cinematografica è magistrale, dalla fotografia che si sofferma sui luoghi spenti, alla rappresentazione delle scene di violenza alla madre che non vuole a tutti i costi rimpatriare allontanandosi, così, dal suo bambino.

domenica 21 novembre 2010

Io sono con te


"Io sono con te" è un film molto originale e semplice, forse anche trasgressivo, nel voler raccontare la storia di Gesù da un punto di vista diverso: quello di Maria. E' lei l'eroina di questa pellicola. Così la più grande storia religiosa della cultura cristiana si trasforma in un film pedagogico sull'educazione impartita a Gesù. Inoltre l'analisi del regista s'allarga ai meccanismi della società dell'epoca in cui Gesù vive. Vengono messi in luce i giochi di potere, le gerarchie e questa nascente cultura cristiana, che ancora deve raggiungere il suo momento cruciale di sviluppo. Il personaggio di Maria è tratteggiato in maniera minuziosa e molti tratti dei personaggi che con lei si relazionano rimangono sfocati per darle spazio.

Noi credevamo


In un momento così travagliato per lo spirito nazionale del nostro Paese, "Noi credevamo" si sofferma, con la narrazione storica del Risorgimento, soprattutto sui pensieri, le azioni e le emozioni di coloro che hanno lottato nel silenzio perchè l'Italia fosse non solo unita, ma anche una Repubblica democratica. Personaggi storici si confondono alla gente comune e, nonostante le due ore e cinquanta di proiezione siano un pò ridondanti, arriva al cuore la passione confusa per qualcosa di diverso, indefinito ed al contempo chiaro. Il bisogno di creare una nuova realtà nazionale governa il caos del momento storico, che in realtà è, nelle menti dei patrioti, guidato da un progetto ben preciso. Un gran bel film sulla nostra Italia, su quello che siamo stati, su quello che abbiamo passato per diventare quello che siamo. Probabilmente la confusione dell'epoca non è così lontana da quella di oggi, ma con una matrice diversa: la unione e non la frammentazione. Inoltre la recitazione di grandi attori italiani come Luigi Lo Cascio, Toni Servillo, Anna Bonaiuto, dà molto l'idea di un tributo del cinema che rappresenta l'Italia, all'Italia stessa.

mercoledì 17 novembre 2010

Lost in translation


Quando stasera ho visto questo film ho avuto il sospetto di averlo già visto e di essere stata all'epoca un pò disorientata dal suo genere. Probabilmente non ero ancora pronta ad una trama che rivela tutte le ambiguità e le sfumature di una società ormai universale, che può essere giapponese come americana in cui la solitudine è la condizione dominante. Scarlett Johansson gioca sempre la parte della intrigante Lolita ed il personaggio di Bill Murray assomiglia molto a quello del protagonista di "Somewhere". In genere la brutta copia precede quella bella, invece in questo caso Sofia Coppola fa il contrario. Il suo ultimo pluripremiato film mi era sembrato veramente privo di senso: puro esercizio di stile, ma credo che vedere Lost in translation sia propedeutico perlomeno a capire cosa la regista intendeva comunicare. Ciò non significa giustificare l'insensatezza di "Somewhere". In Lost in translation i dialoghi sono molto raffinati e colmano la scenografia un pò statica. Un piccolo capolavoro.

domenica 14 novembre 2010

Stanno tutti bene


Nonostante il tema fosse palesemente strappalacrime e potesse fare un facilissimo scivolone nel patetico, "Stanno tutti bene" è un viaggio psicologico che rivela grandissima autenticità, nella mente di un uomo che si affaccia alla terza età ed alla solitudine. Mi ha fatto uno strano effetto vedere il più grande attore vivente Robert De Niro, che tutti ricordiamo in ruoli ben più movimentati, interpretare il ruolo di un quasi-vecchio. Al di là di questo si tratta di una storia che racconta con grande limpidezza e sincerità l'evoluzione dei rapporti familiari nell'arco di vita in America. Questa storia mi ha veramente emozionato, in buona parte per la sceneggiatura e la recitazione da asso nella manica di De Niro, per il resto mi ha ricordato molto la storia di alcuni miei lontani parenti italo-americani. Anche loro quattro fratelli in carriera sparpagliati per i vari stati degli USA, anche loro figli di genitori molto allenati a gestire i rapporti familiari con così grande distanza. In America funziona così.

sabato 13 novembre 2010

Ti presento un amico


Da Psicologia del lavoro sottolineo che se persino Vanzina, il regista di film d'evasione per eccellenza, è arrivato a toccare, a modo suo, il tema della crisi lavorativa odierna, vuol dire che la situazione è veramente di urlante emergenza. Il contributo fornito dal regista dipinge un pittoresco scenario del mondo delle aziende, che somiglia molto più a quello dei bordelli. Il manager diventa un puttaniere per eccellenza e le colleghe sono le veline dei vari "Natale a...". Questa visione piatta e semplicistica e poi soprattutto falsa del mondo del lavoro, cerca comunque di fare "giustizia" ai lavoratori, proponendo una figura di manager, che sulla carta è molto simile a quello di George Clooney in "Tra le nuvole", che non riesce, però a licenziare ed a tagliare le teste così come vorrebbe il capo. Vanzina cer ca di misurarsi con un tema drammatico, ma quello che ottiene è di girare la sua solita commedia, magari dall'ironia un pò più contenuta, con per sfondo cartonato, ma ben poco credibile, quello delle aziende di oggi.

The Social Network


Da tanto si parla di questo primo film sul più famoso social network del mondo. Dall'idea che mi ero fatta credevo Facebook fosse al centro di un dibattito sull'evoluzione della comunicazione che imperversa negli anni '10. Probabilmente per questo il film di David Fincher mi ha spiazzata. In realtà quella che viene narrata è l'entusiasmante nascita del social network più di moda adesso. Quello che più mi ha deluso è l'enfasi sulla innovatività dello strumento, che a me personalemnte non è arrivata. Non dico con questo che la trama non sia sufficientemente incalzante. Eppure questo film, rimane per me inspiegabilmente sospeso tra un documentario ed una cronaca romanzata, tendendo, però, più verso il primo. L'aspetto più affascinante della storia: il fatto che i fondatori di Facebook siano ragazzi giovanissimi, ventenni alle prime armi con la vita e con la propria carriera, in realtà non è stato reso, a mio parere, giocandosi le carte emozionali migliori.

mercoledì 10 novembre 2010

Mammuth


Il mastodontico Mammuth del film ha il volto disarmante di Gerard Depardieu, il quale interpreta il secondo film di fila (dopo "Potiche") sul tema del lavoro. Si direbbe che anche la Francia stia cominciando ad avvertire l'influsso della crisi lavorativa, fornendo diverse rappresentazioni del mondo del lavoro. Eppure "Mammuth", pur partendo dal dramma di un operaio che al termine della sua carriera, scopre di non avere una pensione, perchè non gli sono stati versati i contributi dalle aziende, in realtà è un candido ritratto della terza età, rappresentata con immagini di alta poesia. Il nostro protagonista sale a cavallo del suo catorcio (come lo definisce la moglie) di moto, che è l'emblema degli strumenti che egli detiene per affrontare i problemi della vita, e parte. Alla ricerca degli intoppi burocratici ed esistenziali che gli impediscono di godersi la vecchiaia. Questo viaggio sulle tracce anche di sè stesso è filmato con una pellicola dai colori molto saturi, che danno un'idea di atemporalità ed intimità. Alla fine ciò che mi è rimasto dentro è un senso di grande solidità interiore, trasmesso dal mastodontico fisico rassicurante di Depardieu e dal suo tornare a casa con serenità da un viaggio alla scoperta di aspetti anche non troppo desiderabili di sè.

domenica 7 novembre 2010

L'illusioniste


"L'illusioniste" è un candido tuffo nel passato dei cartoni animati precursori del digitale. Tratto da una sceneggiatura di Jacques Tati, il personaggio principale, che ne è l'alter ego, ricorda molto Charlie Chaplin ed il genere di ironia del cinema dell'epoca. Quasi completamente muto, come le pellicole degli anni '30, il film narra la storia di un illusionista, il cui prestigio è in declino e di una ragazzina scozzese alle prese col suo primo amore. Romantico e nostalgico.

Potiche La bella statuina


Dopo il visionario Ricky, Francois Ozon torna alla regia di una pellicola altrettanto vivace e patinata. Pettinature cotonate e cornette del telefono felpate, sono solo alcuni degli elementi visivi che fanno da cornice ad una storia che cavalca i valori femministi degli anni '70, proponendo l'ascesa di una "bella statuina", la morbida ma sempre bellissima Catherine Deneuve, alla guida della pittoresca impresa di ombrelli in sostituzione del marito. Nonostante i personaggi tendano al macchiettismo, tutto rimane credibile, donando un senso di leggerezza da favola. Il personaggio della Deneuve subisce un'evoluzione che ripercorre quella della condizione della donna negli ultimi 50 anni, con un finale abbastanza avveniristico. Il mastodontico Depardieu ben s'intona con lo spirito della storia, regalando un tocco di eleganza.

venerdì 5 novembre 2010

Una vita tranquilla


Il titolo di questo film ha un ruolo di contrasto con le vicende per nulla tranquille del protagonista. Servillo interpreta il solito ruolo di malavitoso, che ormai sembra essergli cucito addosso. In questo caso l'ambiguità del suo personaggio è più umana e narrata ed il suo personaggio sembra più vero e meno imbalsamato di quelli che siamo abituati a vederlo interpretare. Proprio per questo tale interpretazione gli è valsa il premio Marc'Aurelio all'ultimo Film Festival di Roma. L'abbagliante interpretazione dell'attore dona una luce particolare ad un film cupo ed eccessivamente contorto, a tratti difficile da seguire.

mercoledì 3 novembre 2010

Post-mortem


L'aspetto che mi ha più colpita di questa pellicola sono i colori. Sembra, infatti, di essere in uno di quei filmini che ogni tanto i genitori tirano fuori dai ricordi del passato. In realtà questo rimando ad un'altra dimensione anch'essa "morta" si combina felicemente con l'evocazione continua della morte che il film propone. Il protagonista, infatti, raccoglie i referti delle autopsie in obitorio e la dittatura cilena è un rigurgito del passato nel presente. L'insieme dei tempi delle scene, delle mortifere autopsie e la scena finale in cui la camera fissa a lungo il seppellimento fisico delle ferite del passato rende questa pellicola se non angosciante, molto riuscitamente tetra.