lunedì 30 maggio 2011

Corpo Celeste

Presentato al Festival di Cannes, "Corpo Celeste" è il primo film della regista Alice Rohrwacher, sorella della nota attrice. Dalla fotografia intensa e dai colori cupi, il film narra la repressione culturale e sociale che la religione o meglio la Chiesa può assumere in un paese retrogrado della Calabria. Rendendo manifesto l'anacronismo del potere di una educazione bigotta, la pellicola zooma sul personaggio di Marta, trasferitasi da piccola in questa terra dalla Svizzera. Il suo sguardo è il contraltare di una rappresentazione corale, in cui Marta sembra quasi una spettatrice esterna. Marta osserva, subisce, reagisce, si ribella. Nel frattempo la società sembra scollata da lei, tutto sembra progressivamente così grottesco. La scena semi-kubrickiana del Cristo montato sul portapacchi di una macchina che attraversa incerta le curve montuose a ridosso sul mare è di una poesia sconfinata. La bellezza estetica di questa ed altre scene riesce a colmare le lentezze di alcuni passaggi. Ad ogni modo vulcanica la comunicatività della nostra nuova regista.

venerdì 13 maggio 2011

Source code


"Source code" è un film fantascientifico che ricalca una fantasia molto in voga nei film di genere degli ultimi anni. Sembra che, infatti, il potere di modificare gli eventi a ritroso tramite i più svariati escamotage tecnologici ed informatici, come il source code di questo caso, riesca ad avere un potere molto catartico sullo spettatore. Tale effetto risulta potenziato dalla visione del film al cinema, luogo in cui l'esperienza transferale è molto più incoraggiata. "Source code" persevera ossessivamente in questa dinamica, riproponendo la stessa situazione riagita dal protagonista per itre quarti del film. Si potrebbe semplicisticamente dire che l'esigenza di controllo è dopo l'11 Settembre molto sentita per gli americani, ma probabilmente il valore comunicativo universale di questo film è legato più che altro alla necessità degli uomini di sognare che i propri errori possano essere riparati. In quest'ottica il cinema diventa l'unico luogo in cui riscattarsi dei propri fallimenti e delle piccole e grandi "distruzioni" di cui ci si sente di essere stati responsabili. Interpretazione psicologica del potenziale del film a parte, la sua costruzione scenica risulta ridondante e a tratti stanca. Indubbiamente la liberazione finale dallo schema dell'incedente ferroviario ha un forte valore simbolico e rappresenta bene ciò che succede nella mente umana quando si accetta il cambiamento.

giovedì 5 maggio 2011

Malavoglia



Dove sono i Malavoglia all'alba del terzo millennio? Questo film parte dal presupposto che si tratti di una stirpe non solo genetica, ma anche di un fenomeno sociale, che implode nei confini del nostro mondo consumistico. I Malavoglia sono i relitti umani, vivono nelle terre abbandonate da Dio. Il regista siciliano Scimeca, che si era già cimentato nella trasposizione cinematografica di un altro romanzo di Verga, "Rosso Malpelo", trova una chiave di lettura originale della trama, riproponendo la sua traslazione ai giorni d'oggi. Tra sbarchi di clandestini, il dialetto siciliano più stretto, la cultura trash giovanile, scene volutamente scontate e grottesche, Scimeca ci propone un prodotto che ce la mette tutta per essere originale e togliersi di dosso l'ingombrante nome di Verga. La pellicola utilizzata ed il genere di riprese ricorda molto i documentari, come del resto l'incipit del film. Sicuramente molto coraggioso, fatica un pò nell'epilogo.