giovedì 28 aprile 2011

Sèraphine

Sèraphine è l'interessante parabola di una donna di servizio, umiliata come queste figure lo erano, ancora di più, nei primi del novecento, che diventa un'artista e scopre il suo talento nascosto. Fin qui il film sembra una riconoscibile lezioncina ben confezionata su come chiunque meriti di più di un degradante mestiere di cameriera. Eppure fin dal primo quadro che Sèraphine produce si annusa il sospetto che il film prenderà un'altra piega. Il fatto che l'artefatto insignito di cotanti elogi è un innocente e infantile disegno di fiori, getta lo spettatore in una dimensione di surrealtà. Si passa, così, da un triste realismo che dipinge la condizione sociale di questa donna, ad un crescendo di situazioni paradossali che conducono lo spettatore in una dimensione più vicina a quella sognata dalla protagonista, che non reale. Si nota sempre più lo scollamento tra la realtà in cui Sèraphine vive e le sue aspirazioni. La scena in cui la silenziosa protagonista realizza il suo sogno di comprare un vestito da sposa, senza che vi sia uno sposo reale, nè la fantasia di un'amore non corrisposto, rappresenta l'apice di questa ascesi verso la follia.

Il film è scenograficamente povero come semplice è lo scenario psichico che anima la protagonista. Le battute in bocca a Sèraphine si contano sulla punta delle dita e tutto si ancora alla sconvolgente interpretazione di Yolande Moreau, vincitrice per questa interpretazione al Festival di Cannes 2010.









mercoledì 27 aprile 2011

L'altra verità



Con "L'altra verità" ("Route Irish") Ken Loach non smentisce la sua fama di regista politicamente impegnato, ma rinuncia ad i suoi semidocumentari sulla politica interna inglese, per azzardare il suo primo giallo su quella estera. Nonostante il ritmo ogni tanto non sia così sostenuto per essere un giallo e nonostante vi siano un pò troppe elucubrazioni logiche rese mediante statici dialoghi, Ken Loach riesce a rifinire un prodotto che ha un suo perchè, pur distaccandosi dalla zona franca del docu-film a lui tanto caro. In realtà un lato documentaristico molto ben caratterizzato persiste anche in questa pellicola e ne potenzia la suspance. Ken Loach non dismette le vesti di regista di film denuncia. In questo caso nel mirino c'è la guerra in Iraq e l'invio di soldati inglesi in guerra. Con questa pellicola si scava nell'odio e nella perversione dei rapporti prima diplomatici e poi umani. Recitato con grande passione dagli interpreti principali, in particolare dall'attore che riveste il ruolo del miglior amico del protagonista, Fergus (Mark Womack), non manca di un finale coraggioso.

mercoledì 20 aprile 2011

Habemus Papam



"Habemus Papam" è uno di quei film che non mi ero assolutamente riuscita a prefigurare. Probabilmente perchè, nonostante se ne parli già da tanto, non riuscivo proprio ad immaginare come Nanni Moretti avrebbe potuto affrontare il tema della fede, vista la sua conclamata laicità. La risposta a questa domanda è semplicemente che "Habemus Papam" non è un film sulla fede, bensì sulla responsabilità. Il Papa è provocatoriamente e soprattutto laicamente visto come uomo nelle sue debolezze e nei suoi limiti. Tirando in ballo la più alta carica del Vaticano, Moretti vuole provocatoriamente sottolineare che anche i membri della Chiesa sono in fondo esseri umani. Eppure il messaggio che egli lancia si spinge molto più al di là di questo. Essendo il Papa una persona come tutti, è vittima come gran parte della società contemporanea, delle aspettative del contesto sociale. Oggi la performance è diventato un aspetto cruciale e sfidante persino per la carica che più di tutte rappresenta la spiritualità. Moretti si ritaglia un ruolo di sfondo, una sorta di voce narrante, non riuscendo a rinunciare ai suoi adorati monologhi dietro le quinte. In questo film è proprio il suo personaggio, a mio parere ad essere fuori luogo. Tutto sarebbe stato ugualmente equilibrato e credibile e forse anche un pò più sentito e meno razionale, se non ci fossero stati questi singhiozzi di discorsi, in cui peraltro vengono tirati in ballo sempre i soliti argomenti. La trovata del torneo di pallavolo è ben riuscita, ma scimmiotta un pò troppo le scene di pallanuoto di "Palombella Rossa".

lunedì 18 aprile 2011

Se sei così, ti dico si



Entro in sala e non appena vedo le prime inquadrature realizzo di essermi infognata in uno pseudocinepanettone. Già la presenza nel cast di Belen Rodriguez, in un ruolo da protagonista addirittura, provoca in me un crollo delle aspettative fin dalla comparsa del suo nome nei titoli di coda. Da quel momento presagisco il disastro e mi rimprovero di non leggere mai bene le locandine prima di inoltrarmi in una sala. Poste queste premesse, il film si dimostra perfettamente allineato con le medesime. La trama di per sè non è così destrutturata come nei cinepanettoni doc. Potrebbe avere un suo perchè se venisse raccontata senza uno sfarzo di nudità così volgare. Purtoppo il regista di "Volevo solo dormirle addosso", con questo film malinconico e un pò vintage perde colpi sotto ogni punto di vista: la sceneggiatura ritrae personaggi improponibilmente irreali perchè ridotti a macchietta, la scenografia è ridicola e veramente poco credibile. Non basta sbattere il mare in primo piano per coprire tutte le scene costruite male. Peccato per Emilio Solfrizzi, che si trova impelagato nel rappresentare un personaggio veramente al di sotto delle proprie capacità.


giovedì 14 aprile 2011

Lo stravagante mondo di Greenberg


Roger Greenberg è un Ben Stiller quarantenne, uscito da un manicomio e con l'esaltante progetto di vita di "non fare niente". Questo personaggio sembra molto in linea con il dibattito sui cosiddetti "leboskiani" di qualche settimana fa, all'interno del programma "Le invasioni barbariche" di Daria Bignardi... Con questo termine si indicano quegli uomini non più giovanissimi che non si danno un obiettivo, si accontentano di sopravvivere, bighellonando per casa senza alcu na aspettativa dal futuro se non quella di vegetare..

Ben Stiller mi ha stupito in questo ruolo, molto meno demenziale rispetto allo standard da lui interpretato, perchè riesce ad irradiare il film di una veridicità e di un realismo da me inattesi. Non si tratta della solita commedia, in questo caso il plot è molto più profondo e c'è una architettura nascosta molto più robusta. Quello che ci si propone di fare, senza troppa presunzione, è un'indagine di uno dei tanti prodotti della società moderna: il fannullone. Con un titolo la cui struttura sintattica echeggia il fortunato "Il famoso mondo di Amelie", "Lo stravagante mondo di Greenberg" riesce a mantenere il livello delle apsettative date da questo voluto paragone.

martedì 12 aprile 2011

Offside


Con "Offside", il già famoso regista de "Il cerchio", compone un lungometraggio illuminante sulla condizione della donna in Iran. Ben lontano dai ritmi da documentario, Jafar Panahi propone di fatto un film verità che a me ha ricordato molto l'americano "Quel pomeriggio di un giorno da cani". Se nel film del 1976, però, il gruppo sequestrato è in mano ad un bandito, qui il prendere quasi in ostaggio un gruppo di ragazze, che volevano assistere ad una partita di calcio, avviene per legge. Panahi con un film molto semplice, denso e lineare riesce a trovare una storia che più di ogni manifestazione riesce a denunciare uno stato di inumana discriminazione che le donne subiscono in quel Paese. Pur non essendo supportato da una scenografia accattivante, quasi tutto il film si svolge presso le mura dello stadio, Panahi riesce a magnetizzare lo spettatore mediante l'utilizzo di una simbologia semplice, ma non banale. Per le donne rimanere fuori dallo stadio è come rimanere fuori dal divertimento e dalla vita. Inoltre è interessante osservare come vengano messe a fuoco le singole dinamiche tra il gruppo delle ragazze ed i militari che hanno l'imposizione dall'alto di tenerle lontane dalla visione della partita di qualifica ai mondiali per l'Iran.

lunedì 11 aprile 2011

Good bye Mama



"Good bye Mama" è il film presentato alla scorsa edizione del Festival di Venezia grazie ai fondi italiani per il cinema, genrosamente erogati dal Ministro Bondi per incoraggiare l'anti-comunismo. La foto di Berlusconi troneggia in modo un pò troppo forzato su una scrivania messa a fuoco nel film, qualche secondo dopo gli si contrappone un video di Stalin. Il bene e il male? Sembra proprio che questa pellicola si costruisca su una storia di un pietismo vile, che incastona la visione del comunismo in una interpretazione polarizzata in cui buoni e cattivi sono bambinescamente separati, distinti e lontani. La trama è tratta da una storia vera: quella di una prostituta bulgara, ed in tempi di bunga bunga questa figura sembra acquisire una certa importanza nello scenario del nostro Paese. L'attrice che la interpreta è narcisisticamente anche regista e sceneggiatrice, insomma un pò come la filosofia del governo di Berlusconi: fà tutto lui.

Il personaggio di lei è di un' irrealtà ridicola, una specie di prototipo dell'inumanità, così come assolutamente non credibile è la casa di cura pubblica in cui la donna rinchiude la madre morente ammalata di Alzheimer. Sembra tutto di un semplicismo squallido. Complimenti Ministro!

domenica 10 aprile 2011

C'è chi dice no



"W l'Italia, l'Italia che lavora": questa frase, tratta dalla celebre canzone di De Gregori, mi è congeniale per sintetizzare la realtà sociale che il nostro Paese sta attraversando oggi. La drammaticità del problema, suffragata dalla sua portata, è tale da animare ormai le piazze, i reportage e diventa protagonista anche del cinema. Se la settima arte è uno specchio della società questo film è una sorta di outing plateale. Sembra che la situazione lavorativa sia oggi talmente drammatica da trovare forme di espressione in ogni rivolo disponibile: ogni forma di comunicazione resta coinvolta nel denunciare questo vergognoso stato. Bisogna in qualche modo trovare un contenitore a questa condizione del nostro Paese, giacchè essa non trova alcuna forma di contenimento nell'unico vero organo preposto ad affrontarlo: il Parlamento.

Questa premessa non ha in realtà solo un ruolo polemico, ma serve a dimostrare come questo film vada visto più di pancia che di testa. Certamente l'obiettivo del regista è più incentrato sul messaggio etico-sociale da mandare, che non sullo stile con cui lo si comunica. Fino a che punto si può lottare contro l'ingiustizia delle raccomandazioni camuffate come segnalazioni? Si può agire nell'illegalità per fare rispettare la giustizia? E poi soprattutto: legge e giustizia sono la stessa cosa? Sembra proprio di no da quel che emerge dallo script. Per il resto il film sembra mantenersi ad un livello comunicativo molto divulgativo: l'obiettivo sembra proprio quello di voler raggiungere il grande pubblico, se non altro proprio perchè il film riguarda quasi tutti gli spettatori attesi. La scelta del cast rientra in quest'ottica (dal gieffino Luca Argentero, a Paola Cortellesi, a Paolo Ruffini, attore nel prodotto popolare "Maschi contro femmine").

Seppur apprezzando la missione sociale di questa pellicola, ho trovato il ritmo e la sceneggiatura un pò singhiozzanti ed i personaggi un pò troppo tipizzati.

giovedì 7 aprile 2011

Non lasciarmi


Ambientato nell'Inghilterra del primo novecento, "Non lasciarmi" è un film costruito su una trama assurda in senso stretto, ma che in realtà si presta a molte realistiche interpretazioni. Una classe di bambini tra cui i tre amici protagonisti viene cresciuta in un college ed allevata in maniera isolata un pò come se fossero in un "Truman show". Il disegno superiore è nefasto e crudele: si scoprirà presto e loro scopriranno presto che sono dei cloni di esseri umani ed il loro destino è di essere uccisi per trampiantare gli organi in esseri umani veri. Una carrellata di furbesche citazioni cinematografiche vengono in mente assistendo a questa trama: Blade Runner in pole position.

La trama, se presa in sè e per sè, è solo una gran tristezza, ma può anche essere un buon pretesto per riflettere sulla violenza, sul senso della vita e per riflesso su quello della morte. Nonostante in genere non sia molto attratta da trame così poco realistiche, questo film mi ha molto intrigato anche se il ritmo talvolta è troppo lento. Perfetta Keira Knightley nel ruolo dell'amica gelosa/invidiosa, parte che le viene sempre congeniale (vedi "Espiazione", 2009), peccato che la traduzione italiana dei testi sia pessima.

lunedì 4 aprile 2011

La fine è il mio inizio


Nonostante abbia spesso sentito parlare di lui ed abbia visto spesso i suoi libri negli scaffali più in vista delle librerie più in, non ho mai letto un libro di Tiziano Terzani. Entro in sala ignara di ogni elemento che possa indirizzare la mia impressione. Questo film è, infatti, tratto dalla biografia postuma che Terzani ha dettato al figlio Folco, prima di morire di cancro. In genere è difficile che le aspettative di un libro siano appagate dalla resa cinematografica, anche se questo non è impossibile. In questo caso, pur non avendo letto il testo originario, sono rimasta sconvolta dalla sceneggiatura, così poco adattata alle modalità comunicative della settima arte. Non c'è di fatto alcuna rappresentazione dei vissuto di Terzani. Essi vengono narrati come se si fosse a teatro, senza utilizzare nemmeno uno degli espedienti cinematografici di cui il regista poteva disporre. Nessun flashback anima questa trama che sembra più che altro un dialogo teatrale. Nonostante il tutto sia supportato da una fotografia strepitosamente solare, che esprime a pieno la vitalità di Terzani, e da un cast d'eccezione (Bruno Ganz nei panni di Terzani padre, Elio Germano, nei panni del filgio Folco), tutto questo a mio parere non basta ad animare il film. Esso rimane più che altro un trattato meta-filosofico/esistenziale.

domenica 3 aprile 2011

Boris - Il film


La celebre serie televisiva "Boris" in onda su Sky Fox finalmente produce la sua molto attesa sintesi cinematografica. Sono mesi che guardo incuriosita il trailer di questa serie che di fatto non conosco molto approfonditamente. Ho solo visto alcune puntate delle multiple annate. L'impressione di partenza è di un prodotto televisivo delicato, intrigante, allegro, ma non volgare.

Entro in sala con attese un pò sopravvalutate, inoltre incrementate dalla mia passione verso il metacinema, ovvero il film nel film. Mi rincresce dire che Boris non riesce a superare lo scoglio più macro: il ritmo. In altre parole la trasposizione da televisiva a cinematografica perde colpi. Si sente nostalgia della serie televisiva, se non altro per quel lieve senso di suspence che invece nel film è totalmente innacquato.

Nonostante ciò la recitazione di Francesco Pannofino riesce a sorreggere abbastanza la trama, dimostrando uno stile incisivo e la presenza di una sceneggiatura scoppiettante garantisce comunque un certo ammontare di risate.

In seconda analisi trovo questo film una metafora avvincente del funzionamento interno di un'azienda: il suo doversi adeguare continuamente ai cambiamenti del contesto di riferimento, così come a quelli interni.