domenica 18 marzo 2012

Magnifica presenza

Poetico e surreale come tutti i film di Ozpetek, "Magnifica presenza" è un film sul confine tra la realtà e la finzione, su quale delle due sia il vero specchio della realtà. Molto in linea come genere con "Mine vaganti" e "Le fate ignoranti", "Magnifica presenza" mi ha molto ricordato "Tutto su mia madre" di Almodovar, sia per la rifllessione sul tema della finzione, che per alcuni aspetti scenici e scenografici. Elio Germano interpreta con maestria un attore alle prime armi che si trova a condividere il proprio appartamento con una serie di fantasmi. Il film nonostante l'ispirazione originale, langue in molte scene e la sola invenzione iniziale non sembra sufficiente a traghettare il film fino in fondo.

Concerto Moretti

Teatro Arena del Sole- Bologna
Prendo di mira questo spettacolo già da un mese prima, ma compro il biglietto solo a qualche ora dal suo inizio. Macino fino all'ultimo la suspence del "ce la farò ad andarci?", poi all'ora di pranzo dopo un breve bilancio economico e sulle possibili sorti del mio sabato sera mi fiondo piena di speranza in biglietteria...in fin dei conti un posto solo si trova quasi sempre. E mi va bene.
Quando Nanni Moretti entra in sala penso che forse sarà uno spettacolo  un pò statico e noioso, ma quando il regista-attore inzia a recitare gli spezzoni dei suoi film, con una popolatissima orchestra alle spalle, mi sembra di rivedere tutta la mia tarda infanzia/adolescenza davanti ai miei occhi...come un lungo ciak.
Mi ricordo quando mi alzavo la domenica mattina prestissimo e non sapevo che fare perchè tutti ancora dormivano. Allora aprivo la credenza delle videocassette e ne sceglievo una a caso e me la guardavo. Fu così che conobbi 8 e mezzo di Fellini e Nanni Moretti. La prima volta che vidi un suo film fu in quel genere di circostanza ed era "Palombella rossa". Ricordo che ero poco più che una bambina e guardai tutto il film fino in fondo sperando di vedere prima o poi una scena fuori dalla piscina...alla fine conclusi stupita "questo Nanni Moretti è proprio pazzo".
Una decina d'anni dopo, appena maggiorenne avrei cercato di organizzare una retrospettiva sul regista presso il circolo dei DS. Inviai speranzosa una mail alla Sacher chiedendo se potevano procurarmi "Io sono un autarchico": il suo introvabile primo film del '76.
"Caro diario" riempì alcune mie ore di noia: lo rividi talmente tante di quelle volte che ne ricordo ancora le battute e la colonna sonora indimenticabile. Osservavo affascinata l'agosto deserto di Roma.
Questo spettacolo teatrale mi rigetta con una immediatezza impressionante negli anni più confusi della mia vita: quell'adolescenza che faticava ad esplodere, la solitudine di quegli anni ed il cinema come unico sogno possibile e per di più così a portata di mano. Ricordo con esattezza il perimetro del tappeto dentro il quale mi sedevo sentendomi protetta come un gatto dalla sua superficie definita, mentre alla tv le immagini cominciavano, continuavano a scorrere.
"La stanza del figlio" è  il film di Nanni Moretti che ha avuto nella mia vita il ruolo più importante: la storia di una famiglia che si disgrega di fronte ad una morte. Mentre Nanni Moretti stasera recitava alcuni brani mi sono accorta di ricordarli ancora a memoria, nonostante abbia visto il film solo una volta. Poteva essere la storia della mia famiglia, ma per fortuna non lo è stata.
Infine "Habemus Papam", il ricordo di quel secondo spettacolo di un inizio aprile. Il primo gelato della stagione ad un baracchino dopo la proiezione. Il primo film assieme a lui.

domenica 4 marzo 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile



Il film di Faenza ha lentamente riportato i miei pensieri agli anni confusi della mia adolescenza. Ero entrata in sala aspettandomi una oleografica pellicola a tema, ma il vero protagonista del film non è l'omosessualità, ma James ovvero l'adolescenza. Ricordando vagamente il romanzo"I dolori del giovane Werther" di Goethe, in quanto a delicatezza, "Un giorno questo dolore ti sarà utile" ha rappresentato per me un viaggio nel tempo di almeno 12 anni. Mi ha ricordato gli anni più confusi della mia vita e per tutto il tempo del film la attenzione critica per tutti gli aspetti tecnici della pellicola è stata obnubilata da questo improvviso effetto madelaine di Proust.



Per una volta Faenza riesce a costruire un personaggio che risulta completo e ben scritto, mentre in tutti i suoi film precedenti, seppur i soggetti fossero notevoli (Prendimi l'anima), rimane sempre nell'aria un senso di incompletezza.



James è un personaggio la cui autenticità è colta fino in fondo. Anche se altri aspetti del film possono risultare un pò trascurati (il ritmo di narrazione è infatti un pò affannato), la personalità di James o perlomeno la sua ricerca di essa risultano proprio messi a fuoco in maniera nitida.



Faenza ha, inoltre, il merito di riuscire ad affrontare il tema abusato della normalità/follia in maniera leggera e scevra da luoghi comuni: proprio come se dietro la cinepresa ci fosse la fantasia e la linearità di un adolescente.



Da psicologa vedo nel film l'unica caduta di stile della scelta di un life coach rispetto allo psicoterapeuta del testo originale di Cameron. Sembra quasi che per fare un film moderno si debba rinnegare il potere terapeutico della psicanalisi. Inoltre questa scelta risulta poco credibile anche per l'attrice orientale scelta. Non si tratta di un commento razzista, piuttosto della volontà di sottolineare come sia un pò assurdo che James trovi risposte alle sue domande proprio in quella fasulla cultura pseudo-spiritualista che infesta le menti dei suoi genitori che sono la causa primaria del suo malessere.