domenica 4 marzo 2012

Un giorno questo dolore ti sarà utile



Il film di Faenza ha lentamente riportato i miei pensieri agli anni confusi della mia adolescenza. Ero entrata in sala aspettandomi una oleografica pellicola a tema, ma il vero protagonista del film non è l'omosessualità, ma James ovvero l'adolescenza. Ricordando vagamente il romanzo"I dolori del giovane Werther" di Goethe, in quanto a delicatezza, "Un giorno questo dolore ti sarà utile" ha rappresentato per me un viaggio nel tempo di almeno 12 anni. Mi ha ricordato gli anni più confusi della mia vita e per tutto il tempo del film la attenzione critica per tutti gli aspetti tecnici della pellicola è stata obnubilata da questo improvviso effetto madelaine di Proust.



Per una volta Faenza riesce a costruire un personaggio che risulta completo e ben scritto, mentre in tutti i suoi film precedenti, seppur i soggetti fossero notevoli (Prendimi l'anima), rimane sempre nell'aria un senso di incompletezza.



James è un personaggio la cui autenticità è colta fino in fondo. Anche se altri aspetti del film possono risultare un pò trascurati (il ritmo di narrazione è infatti un pò affannato), la personalità di James o perlomeno la sua ricerca di essa risultano proprio messi a fuoco in maniera nitida.



Faenza ha, inoltre, il merito di riuscire ad affrontare il tema abusato della normalità/follia in maniera leggera e scevra da luoghi comuni: proprio come se dietro la cinepresa ci fosse la fantasia e la linearità di un adolescente.



Da psicologa vedo nel film l'unica caduta di stile della scelta di un life coach rispetto allo psicoterapeuta del testo originale di Cameron. Sembra quasi che per fare un film moderno si debba rinnegare il potere terapeutico della psicanalisi. Inoltre questa scelta risulta poco credibile anche per l'attrice orientale scelta. Non si tratta di un commento razzista, piuttosto della volontà di sottolineare come sia un pò assurdo che James trovi risposte alle sue domande proprio in quella fasulla cultura pseudo-spiritualista che infesta le menti dei suoi genitori che sono la causa primaria del suo malessere.

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