giovedì 29 aprile 2010

Oltre le regole


Le due anime della guerra sono messe in scena grazie a due personaggi tratteggiati talmente bene che sembra di sentirli respirare. Tony, l'uomo duro, perfettamente bello, inquietante nello sguardo e nel fisico (interpretato da uno Woody Harrelson che non poteva essere più azzeccato), che non prova apparentemente emozioni, semplicemente esegue gli ordini. Will è invece il lato umano della guerra. Quello che soffre e che non riesce a farsi consolare e proteggere dalle dogmatiche regole, ma cerca di andarvi oltre. La sopravvivenza psichica di Will è messa a dura prova dalla sua missione di Messenger: di notificatore delle morti in guerra. Lì Will incontra il dolore, quello cui Tony sembra impermeabile. Questo non lo lascia indifferente, la sua masochistica missione a questo punto si trasforma nel cercare di stare vicino ad una donna rimasta vedova. Tutto ciò viola le regole imposte dal ruolo, facendo salire alla coscienza dello spettatore un più ampio dubbio etico. Ecco un altro modo per raccontare la guerra in Afghanistan, mettendone a fuoco l'insensatezza e la rabbia che suscita negli americani. Si tratta degli stessi sentimenti che la formula burocratica imparata a memoria per comunicare la morte del parente del caso esprime, diventando una buona metafora di quanto siano ridicole certe scelte del potere.

mercoledì 28 aprile 2010

L'uomo che fissa le capre


Le prime scene di questo film sono così sopra le righe e grottesche da incuriosire, ma andando avanti questa storia così assurda mi ha sempre più spento l'entusiasmo. Secondo me un film può anche provocare con l'assurdità, ma si deve trattare di frammenti anche goliardici, incastonati, però, in una storia generalmente credibile. Ciò non accade in questo "L'uomo che fissa le capre" dove la metafora della guerra battuta dalla forza della mente non mi ha così avvinto da poter sopportare due ore di assurdità. Ripeto: l'idea è interessante, ma non è articolata in modo da poter tenere lo spettatore inchiodato alla sedia, poltrona o divano che sia. Ad ogni modo è da sottolineare la abbondanza di film contro la guerra prodotti in America in questo anno. Segno che sulla ragion d'essere della guerra in Afghanistan c'è ancora tanto da riflettere.

sabato 24 aprile 2010

Matrimoni e altri disastri


Commedia divertente anche se un pò retorica, cavalca tanti stereotipi della famiglia di oggi tra battute riuscite e scelte poco originali. Credo, infatti, che questo film non riesca a sorprendere lo spettatore. Eppure la sceneggiatura riesce a costruire situazioni divertenti, ma la nota dolente è il cast. Margherita Buy è si brava, ma ormai imbalsamata in questo ruolo di donna nevrotica e sostanzialmente perdente. Risulta comunque una scelta più azzeccata rispetto a quella di Fabio Volo nel ruolo del neo-cognato e sposo e della Littizzetto, nel ruolo della collega della protagonista Nanà. Ciò che mi ha urtato è, infatti, questo voler coinvolgere volti estremamente noti pur di rastrellare un pubblico maggiore, senza porsi il problema della credibilità della loro interpretazione. Quella della Littizzetto è, infatti, qui, scialba, mentre ancora mi domando come faccia Fabio Volo ad avere raggiunto la notorietà visto che non riesco a riconoscergli alcun genere di talento. Mi sembra sempre così spento quando recita. Nonostante queste defaiances nella scelta del cast "Matrimoni e altri disastri" è un film godibile che lascia anche spazi di riflessione sulla società di oggi. E su dove stiamo andando.

giovedì 22 aprile 2010

Perdona e dimentica


Cosa ne è dei protagonisti di Happiness a quasi dieci anni dall'11 Settembre? Nonostante questo sequel, se così lo si può chiamare, arrivi con un forte distacco temporale dalla pellicola madre, basta un frammento di dialogo per ricadere in quell'atmosfera di caustico sarcasmo. Una società alla deriva, che cerca di edulcorare fallimenti e frustazioni con una apparenza che fatica a convincere sè stessa, cerca in tutti i modi di porre rimedio al passato, qualsiasi esso sia. Non c'è scena in cui la crudezza mascherata della realtà non venga pervasa da affermazioni sull'importanza del perdono. Quest'ultimo è inteso come sentimento individuale, ma anche nazionale. Si può perdonare un padre pedofilo? Si possono perdonare i terroristi che hanno distrutto la sicurezza psicologica degli americani? Ed ancora, è più importante perdonare o dimenticare? Si può dimenticare senza perdonare? Questo è il leit motiv del film che viene accompagnato da una sceneggiatura tagliente, perfettamente adattata in Italia da Moni Ovadia, e da una fotografia crepuscolare magistrale.

domenica 18 aprile 2010

I gatti persiani


Un'implosione di creatività e di colori, di musica e di voglia di vivere viene messa in scena in una Teheran di cui, per una volta, non viene rappresentata la violenza delle bombe e dei massacri, ma quella quotidiana più strisciante determinata dalle assurde regole di una dittatura. "I gatti persiani" è un film rivoluzionario ed in quanto tale non è mai uscito nel suo Paese, ma lo ha rappresentato con una energia alla quale solo le anime represse da un regime sanno dare forma in questo modo. Questo film colpisce, infatti, perchè c'è ancora tanta voglia di vivere tra i giovani dell'Iran, c'è tanta gente che sogna un mondo a colori, lo si capisce dalla fotografia mai banale e da un montaggio vulcanico e da una certa leggerezza che si respira, nonostante tutto, per tutta la pellicola.

giovedì 15 aprile 2010

Basilicata coast to coast


Lo spirito di questo film è svelato senza lasciare alcun segreto dal titolo stesso. Un film "rom" che a tratti mi ha ricordato alcune scene gitane di Kusturica, ma che sostanzialmente mira a regalare uno zoom cinematografico ad una di quelle regioni del sud Italia dimenticate dalle telecamere: la Lucania. Essa si presenta nella sua desolazione e nella sua aridità, che avrebbe anche il suo fascino se non fosse oggi deturpata da quelle centinaia di pale eoliche che nessuna regione del resto d'Italia vorrebbe installate sulle forme delle proprie colline. La band del film si chiama proprio ironicamente "Pale eoliche" e la sventura di questa terra va di pari passo con quella dei protagonisti che sono in cerca della loro strada. Questo ultimo aspetto mi ha ricordato un'altro film sul meridione visto da un meridionale: "L'abbuffata" di Calopresti, complice la compresenza di Paolo Briguglia nel cast. Nonostante l'intento sia quello di fare un piccolo omaggio artistico ad una terra povera regalandole la possibilità di un successo sul grande schermo, la trama rimane troppo appiattita da questa appartenenza del film ad un genere un pò troppo circoscritto, che finisce col mozzarne il respiro.

mercoledì 14 aprile 2010

L'uomo nell'ombra


"L'uomo nell'ombra" è un film che nell'ombra è assolutamente destinato a non intrattenersi. Girato in un chiacchieratissimo momento della vita di Polansky, che proprio a fine riprese viene arrestato per presunte molestie sessuali su una minorenne, già vincitore dell'Orso d'Argento al Festival di Berlino, "L'uomo nell'ombra" è un film che penso verrà ricordato soprattutto per le immagini con le quali ha raccontato la sua storia. Non c'è cosa che credo rimarrà più impressa di quella pioggia schiaffeggiante su un'isola misteriosa. Di per sè non sembra una trovata tanto originale per un thriller, ma in questo caso la potenza visiva innegabile dello studio in cui il nostro Ghost writer compone i pezzi del suo e nostro puzzle, ben si amalgama alla eccellente interpretazione del semplice ed umile McGregor ed alla trama lineare, ma ben costruita. Non mi piace raccontare la trama dei film quando esprimo le mie impressioni, ma in questo caso la spy story risulta meno intrigata rispetto allo standard del genere, ma ciò va tutto a vantaggio dello spettatore. Questi può godere di un'atmosfera sempre più coinvolgente senza perdersi in ragionamenti eccessivamente complicati.

domenica 4 aprile 2010

Il mio amico giardiniere


Monotono nel voler parlare di sè stesso, senza una trama che preveda alcun fluire di emozioni se non questo dettagliato scandagliare l'animo dei protagonisti. Il pathos muore annegato da dialoghi impervi ed eccessivamente esistenziali per il contesto in cui sono collocati. Ciò contribuisce a rendere la pellicola più simile ad un saggio letto ad alta voce. A parte qualche scena di ilarità, l'unica immagine che ricordo col sorriso è quella di uno spettatore in sala che si è rumorosamente concesso di dormire.

La cura del gorilla


"La cura del gorilla" è un film molto cupo, tetro e molto poco coinvolgente dal punto di vista della trama. Ho spento il lettore dvd dopo un'ora e mezza. Nulla mi convinceva di quella trama: tutto mi appariva così artefatto, finto come l'autore stesso non fosse convinto della propria trama. L'avevo preso per vedere recitare Bisio in un ruolo drammatico, ma devo dire che in questo film recita veramente poco, probabilmente perchè il personaggio è scarsamente delineato fin dall'inizio. Da psicologa vorrei sfruttare questo spazio per lasciare la mia opinione facendo un piccolo appello: la follia è una cosa seria, che non si può ridurre ad una vsione onirica di Pippo che diventa cattivo e cerca di accoltellare il delirante malcapitato. La follia ha una sua logica molto complessa, che non si può semplicemente tradurre in enunciati che si appellano alla differenza tra fantasia e realtà. Questo è, infatti, ciò che a Bisio viene fatto dire per mettersi in pace la coscienza da una definizione più profonda. In ultima istanza vorrei ricordare che la follia è anche e soprattutto sentimento. Non ci vedo francamente tutta questa astrazione emotiva dal mondo reale. Il vedere le cose in maniera distorta non impedisce, infatti, di viverle. Invece il nostro Sandrone sorvola gli eventi rinchiudendosi nei suoi tristi monologhi. Trovo questo film veramente mancato.

American pie


Vedo questo film dopo che ce ne è stato un gran parlare. lo trovo più che graffiante, tenero. Riesce a sgretolare la virilità maschile, esaminando i dietro le quinte di questo processo di costruzione di una propria sicurezza. Le battute sono volgari quanto basta: almeno questa è l'impressione che mi sono fatta, nonostante tutto questo dire che c'è stato attorno. la società è dipinta nella sua umanità e le donne ne escono vincenti dominatrici. Di solito faticano a piacermi film così osannati, ma questa volta credo che il successo sia stato proprio meritato. Non vi è il cattivo gusto che mi immaginavo, almeno non così come era stato detto o come avviene in tante altre pellicole.

4 mesi 3 settimane e 2 giorni


Nel volto di Otilia si scorge uno sguardo rassegnato, mentre la sua compagna di stanza ha un'aria disperata. Lo squallore dei luoghi di questa Romania spartana non poteva essere migliore specchio di queste anime smarrite, povere ed in balia di un mondo più brutto di quanto il loro stesso animo sia disposto a tollerare. I sentimenti ed i valori si barattano per la sopravvivenza. La scena per contrattare l'aborto è cruda come lo squallore essenziale della stanza dell'ostello in cui si svolge. In quel momento la donna dal volto smarrito scopre di essere un pò troppo incinta per un aborto, ma ancora abbastanza per un'omicidio. Il senso del dramma è provocatorio. Quale nascita indesiderata potrà mai rappresentare un'assalto alla propria dignità più atroce del cedere ai compromessi raccapriccianti di un'infanticida sconosciuto con tanto di coltello? La storia regge attraversando scene di silenzi che parlano di momenti difficili: quei momenti eterni che sembra non debbano passare mai e che verranno ricordati per tutta la vita, dilatati nella memoria, superando ogni irrealistica promessa di non parlarne più. Mi hanno colpito le riprese ravvicinate della cena di Otilia coi parenti del ragazzo. La macchina da presa volutamente non vuole coinvolgere gli altri commensali: sono solo presenze ridondanti che intralciano i pensieri della giovane bionda, che pensa al dramma della propria vita. La decisione di inquadrare il feto, per lo spettatore è un pugno in un occhio che rende molto brutale questa pellicola, ma anche molto più coraggiosa e meno protettrice nei confronti della platea.

Il senso di Smilla per la neve


E' una storia di solitudine e mistero quella con cui la nostra Smilla ammalia la platea; solitaria come la neve della Groenlandia da cui è stata costretta ad andarsene precocemente. In qualche modo questa donna ferita nell'infanzia cerca un riscatto e quale occasione risulta migliore della morte sospetta di un bambino a lei caro? La regia banalizza una storia affascinante, inserendo scene molto scontate e di cui sfrutta poco il fascino. Eppure il personaggio di Julia Ormond intriga lo spettatore ed il suo personaggio è molto ben tratteggiato. La suspense, nonostante molte ovvietà che si potevano evitare, o meglio, sfruttare ad arte, c'è. Gabriel Byrne è, qui, un pò troppo monolitico, ma in compenso i suoi occhi colpiscono il cuore del pubblico femminile. Per tutte queste ragioni credo che questo film sia da vedere, nonostante una regia spenta.

La febbre dell'oro


Un film tenero tenero, con un modo di recitare ormai surreale da quanto che è superato. Un'altra dimensione era, infatti, quella del cinema muto. L'ho visto, tra le tante volte, in Piazza Maggiore a Bologna sotto le stelle dell'estate, musicato dal vivo. Un invcanto alcuni momenti, come quello in cui la musica del ballo della bella addormentata (scelta ad hoc dall'orchestra) accompagna Charlot e la sua impellicciata Georgia. Quando ho visto la data in cui è stato girato, il '25, ho realizzato che alcune scene non incrociano la dimensione del tempo: ne rimangono eternamente estranee. Di travolgente poesia la scena della casa che sta crollando nel dirupo, trascinata dalla bufera.

A letto con il nemico


Se vuoi liberarti da qualche persecutorio, questa pellicola assolve questo bisogno. In questo film l'unico pregio, infatti, che si può rinvenire nell'estrema polarizzazione e stilizzazione dei personaggi è proprio nel loro ruolo catartico. Per il resto non può dirsi un film decente, nè per regia, nè per sceneggiatura. I personaggi sono, infatti, ridicolmente piatti. Tutto è così caricaturale e prevedibile da essere rassicurante e demagogico come un cartone animato...o quasi. Unico pregio visivo è la bellezza della giovanissima Julia Roberts.

Ai confini del paradiso


La vita può essere vera anche se a volte grottesca, a volte crudele, a volte paradossalmente intensa? Che senso ha vivere? Molte scene di questa pellicola rimandano proprio ai mille i modi in cui l'esistenza può essere attraversata. E poi alla banalità della morte. Anche se in alcuni punti l'intreccio è razionalmente forzato, mi sono lasciata molto trascinare da questo flusso inesorabile di emozioni, che sembrano delle onde che rimbalzano scontrandosi l'un l'altra e, così facendo, si danno forza. Sublime l'immagine finale.

L'amore non va in vacanza


Se pensate che un bel film sia il frutto di tante belle casupole da gnomi colorate sommate ad un belloccio occhialuto ed una paperina allegra, vi basta andare a vedere "L'amore non va in vacanza" per capire che qualcosa non funziona...Non basta, infatti, il Natale a riempire un film scarno e privo di una qualsiasi profondità. Se all'inizio questa storia virtuale moderna può affascinare, man mano che i minuti scorrono ci si accorge che poco scorre nella trama. Essa si affanna a affanna a raggiungere un finale scontato e davvero poco conclusivo.

L'ora di punta


L'ora di punta è una pellicola che non riesce a sfruttare minimamente il fascino e la delicatezza di Fanny Ardant. La sua elegante figura ormai un pò in là con gli anni, sembra un copia e incolla da un altro scenario, completamente estraneo a quello di tale monotona pellicola. Essa risulta il frutto di un'accozzaglia sgraziata di tutti i luoghi comuni sul tema del lavoro "sporco". Prevedibile e banalmente cupo, mi ha lasciata inchiodata agli sbadigli ed all'orologio, facendomi odiare da chi era stato trascinato da me in questa visione. L'attore sembra uscito da una serie televisiva ed in tante scene sembra leggere dal gobbo.

Primo amore


"Primo amore" è un film oscuro nei colori, nei personaggi delineati solo nei loro aspetti più patologici. Questa pellicola cerca di simbolizzare il tema dell'anoressia sintetizzando nei suoi due protagonisti le due anime contrapposte che convivono in una sola mente di chi è vittima di tale patologia. L'istinto di vita del corpo si contrappone alla maniacale tendenza verso la perfezione della mente. Detto ciò, il film non mi è sembrato godere di particolare originalità, nonostante sia ben costruito e recitato.

Notte prima degli esami- Oggi


Di solito al cinema cerco l'originalità. Credo che sia un'ingrediente importante anche nel far scaturire le emozioni...al cinema e nella vita, ma questa tesi si sgretola di fronte all'ingenua passione dello sguardo del nostro Molinari, che si strugge per una banalissima, bellissima giovani dal volto in stile Uma Thurman. E poco importa se il finale è trapiantato da "L'attimo fuggente" e se la peccaminosa Azzurra echeggia Anita Eckberg nella celeberrima scena de "La dolce vita". Tutto questo ai miei occhi risulta semplicemente irrilevante perchè la bellezza delle emozioni che racconta , così fresche e fugaci nella loro drammaticità, trionfa nella loro banale, reale drammaticità. Nonostante credo che Vaporidis sia un attore un pò sopravvalutato e nonostante non creda molto nella scuola dei sequel questo film mi ha regalato due ore di leggera piacevolezza. Un caso raro e fortunato in cui una somma di citazioni facili riesce a dare un risultato decoroso?

Meduse


"Meduse" è un film che ho trovato veramente strano per le situazioni che mette in scena e per le immagini che costruisce. Tutto è così bizzarro. Potrebbe essere un bel racconto visionario se non mettesse in campo sentimenti così veri. Ognuno cerca di imboccare la corrente in questo mare che domina la scena. C'è chi vi ci sguazza senza paura, inconsapevole dei flutti ed ignaro dellap ropria solitudine e chi, invece, si arrabatta per ottenere un pò di dignità. la recitazione è asciutta e, seppur si noti che il film appartiene ad un'altra cultura rispetto a noi italiani, questo senso di ineluttabile precarietà è raccontato in modo così universale da coinvolgere qualsiasi razza di qualsiasi appartenenza culturale. La bimba che non parla ed urla se le provi a infilare il salvagente mi ha ricordato molto un libro che da piccola adoravo "Il bimbo d'acqua". Era la storia di un bambino acquatico. La scena più ridente è quella della bambina che corre lungo la spiaggia rincorsa da colei che forse la vorrebbe adottare. Ognuno è, qui, alla ricerca della propria massima aspirazione: libertà o maternità che sia.

Ho voglia di te


"Ho voglia di te" è una storia sostanzialmente di baci, ma dietro di essi non sono riuscita ad intravedere alcuna emozione. I personaggi sono costruiti male, soprattutto quelli secondari. Molte situazioni sono omesse. Tanto l'abbiamo capito: quello che conta è l'emergente Scamarcio che con questo film contribuisce a costruirsi la sua giovane immagine di nuovo sex symbol del pubblico femminile italiano. A tal fine la regia celebra la sua immagine riecheggiando trucchi di scena hollywoodiani. Secca e banale rivisitazione della più fortunata saga di "Manuale d'amore" e di quella meno felice di "Notte prima degli esami". L'intento di creare un'atmosfera di leggerezza per raccontare gli amori degli italiani adolescenti di oggi è sicuramente in sè e per sè non riprovevole, ma lo è fondare tutto sugli occhi azzurri del bel protagonista.

Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso, ma non avete mai osato chiedere


La prima volta mi sono arenata all'episodio inaugurale, ma probabilmente in quella giornata ero stata poco volenterosa. Stavolta, invece, ho trovato questa pellicola molto moderna sotto determinati profili. Molto interessante, ad esempio, la polemica sui pastori. Eppure il sesso che non si è mai osato chiedere è ben altro. Intenerisce la scena della pecora, ma la scena più geniale è quella della tetta gigante, che echeggia molto le atmosfere surreali di Kubrick e dei quadri di Magritte. L'ultima storia è veramente divertente, ma forse non sconvolgente come probabilmente è stata negli anni in cui il film ha esordito sul mercato. Tetta a parte i tempi sono cambiati.

Soffio


Silenzio, angoscia, irrazionalità, musiche infantili e buffe alle nostre orecchie da occidentali. Devo ammettere che di solito questo genere di storie mi fa addormentare, lo stile orientale segue un' altra filosofia del tempo, in cui esso è uno spazio di cui appropriarsi e godere avidamente e non bruciare sfruttandolo. Il fatto, però, che in questo caso la storia non abbia la pretesa di essere credibile, lascia che la realtà scorra in una dimensione parallela. Geniale è l'idea di una donna che tradisce il marito con uno sconosciuto: nemmeno nelle migliori pubblicità di profumi occidentali si raggiunge una tale sensualità. Il fatto,poi, che l'amante in questione sia un carcerato nel braccio della morte pergiunta afono rende il tutto molto più conturbante e spiazzante. La recitazione è ottima.

sabato 3 aprile 2010

Piano, solo


Molto intenso, nonostante la melensa locandina ed il titolo un pò da fiction reimpostata. Kim Rossi Stuart esprime magistralmente il travaglio in teriore di un pianista che nasconde nelle scale delle note del suo strumento la sua sofferenza lancinante ed arcana, mai elaborata, per la scomparsa della madre. Jasmine Trinca è una compagna di viaggio innocente ed illusa, che si trova a sbattere contro la malattia incomprensibile quanto travolgente della persona che più ama. La recitazione dei due attori sovrasta l'impianto narrativo, sublimandolo. Di fatto la trama è definita in maniera discreta. Si riesce a non scadere nel patetico, nonostante la figura tratteggiata sia difficile da esplorare proprio perchè si mantiene volutamente un'ottica esterna. Si privilegia, infatti, la prospettiva con cui gli altri vedono la sofferenza di Luca Flores, con paura ed affetto, mentre la malattia del protagonista è solo impressionisticamente indagata. Questo basta a rendere il film piiù corale e si salva da una visione superficiale grazie alla recitazione di Rossi Stuart.

Il piccolo Nicolas ed i suoi genitori


Il piccolo Nicolas è un bambino, come lo siamo stati tutti e questo film è essenzialmente la narrazione/celebrazione dei pensieri e del "favoloso mondo" stavolta di quel bambino che tutti siamo stati. La vera potenza di questo film è nella sua patina surreale, che lo rimanda ad un altro favoloso mondo, quello più celebre di Amelie. Eppure in questo caso ciò che viene evocato è molto più concreto seppur svanito: sono i nostri ricordi. Chi guardando questo film non ha, infatti, ricordato qualche vecchia fantasia infantile? Questo film apre le porte a i pensieri fantasiosi, alle paure, alle ingenuità che avvolgono il mondo parallelo in cui i bambini vivono la loro vita. Ulteriore pregio di questo film è di essere adatto a bambini pur non essendo espressamente un film per bambini.

giovedì 1 aprile 2010

Sogni e delitti


Dopo aver brillantemente concluso la sua celebre decennale psicanalisi, Woody Allen si fa artefice di un genere che non gli appartiene: il thriller. Se "Match Point" poteva ancora essere un buon connubio di ironia e intrigo psicologico, con il felice supporto di attori come Scarlett Johansson ed una scenografia alla American Beauty, questo film soffre, invece, di troppe semplificazioni sceniche. Per questo lo si può godere solo accentando il fatto che non sia un vero e proprio spettacolo cinematografico, piuttosto un tentativo di trasposizione teatrale. I dialoghi sono molto curati, ma il verbale incombe un pò troppo sulla magia delle scene che una tale storia avrebbe potuto regalare. Gli attori fanno il loro dovere, ma non si distinguono e lo stesso si potrebbe dire di tutto il resto.

Io sono l'amore


Cupo e crepuscolare "Io sono l'amore" comunica tramite le immagini una grande tristezza. Quella tipica della solitudine che si vive in determinati ambienti sociali. In particolare si tratta di una ricca famiglia di imprenditori del nord Italia, intenta a tramandare di generazione in generazione le proprie ricchezze. L'aspetto dell'immagine sociale da mantenere è talmente forte da sopprimere tutte quelle verità che in ogni famiglia si celano. La protagonista Emma si ribella a questo mondo, cui è già estranea per via della sua provenienza russa. Lo stile è sobrio e impeccabile, ma la trama comunica poco sul piano emotivo.