domenica 4 aprile 2010

4 mesi 3 settimane e 2 giorni


Nel volto di Otilia si scorge uno sguardo rassegnato, mentre la sua compagna di stanza ha un'aria disperata. Lo squallore dei luoghi di questa Romania spartana non poteva essere migliore specchio di queste anime smarrite, povere ed in balia di un mondo più brutto di quanto il loro stesso animo sia disposto a tollerare. I sentimenti ed i valori si barattano per la sopravvivenza. La scena per contrattare l'aborto è cruda come lo squallore essenziale della stanza dell'ostello in cui si svolge. In quel momento la donna dal volto smarrito scopre di essere un pò troppo incinta per un aborto, ma ancora abbastanza per un'omicidio. Il senso del dramma è provocatorio. Quale nascita indesiderata potrà mai rappresentare un'assalto alla propria dignità più atroce del cedere ai compromessi raccapriccianti di un'infanticida sconosciuto con tanto di coltello? La storia regge attraversando scene di silenzi che parlano di momenti difficili: quei momenti eterni che sembra non debbano passare mai e che verranno ricordati per tutta la vita, dilatati nella memoria, superando ogni irrealistica promessa di non parlarne più. Mi hanno colpito le riprese ravvicinate della cena di Otilia coi parenti del ragazzo. La macchina da presa volutamente non vuole coinvolgere gli altri commensali: sono solo presenze ridondanti che intralciano i pensieri della giovane bionda, che pensa al dramma della propria vita. La decisione di inquadrare il feto, per lo spettatore è un pugno in un occhio che rende molto brutale questa pellicola, ma anche molto più coraggiosa e meno protettrice nei confronti della platea.

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