giovedì 17 aprile 2014

Noah

L'impatto estetico di "Noah" si articola in inquadrature che aprono verso scenari edenici che ricordano la campagna irlandese. Landscape reali e ricostruiti digitalmente si fondono armoniosamente in colori fulgidi, ma intensi. Russell Crowe, seppur nella sua limitata espressività, ben si cala nel ruolo del visionario illuminato ed incarna credibilmente i sentimenti del personaggio biblico. Se il film può apparentemente sembrare una buona lezione sulla Bibbia si scopre che la maggior parte degli eventi centrali narrati sono stati scritti da Aronofsky (dall'adozione della bambina all'imposizione divina di uccidere i nipoti per non perpetrare la specie). Nonostante ciò il regista gioca abilmente col senso di misticismo e riesce ad arrivare allo spettatore non solo grazie agli effetti speciali, seppur di alto livello (vedi la scena dell'acqua che diventa fiume e solca la terra fino all'orizzonte). Il valore della vita e della maternità sono gli aspetti della pellicola che mi hanno emotivamente più toccato ed il trionfalismo narrativo non mi è mai sembrato così autentico. Alcune scene con Jennifer Connelly sono gonfie di una teatralità calda che mi ha riportato la memoria alle tragedie greche di Siracusa a cui ho assistito una quindicina di anni fa. Realismo narrativo dubbio incorniciato da una fotografia perfetta in cui non c'è una composizione dell'immagine inesatta, intensità espressiva, una sceneggiatura diretta e comunicativa: il regista esteta de "Il cigno nero" confeziona così uno spettacolo dal ritmo avvincente.