giovedì 27 gennaio 2011

Vallanzasca - Gli angeli del male


Mi trovo di fronte ad un raro caso di film diretto da Michele Placido in cui i personaggi, in questo caso IL personaggio, ovvero il Vallanzasca, risultano messi a fuoco in maniera veramente precisa. In genere non amo il suo modo di fare il regista: lo trovo molto distratto e approssimativo. Sarà probabilmente l'eccezione che conferma la regola, ma Vallanzasca è un film riuscito. Nonostante sia un pò lungo, perchè vuole pedissequamente narrare ognuno degli eventi che resero tristemente celebre il personaggio, il ritmo della storia tiene abbastanza inchiodato lo spettatore. Più che un film sembra una cronaca proprio per questa dovizia di particolari narrativi, mentre in genere si sa che nel cinema non conta tanto quanto si racconta, ma come. L'impressione di un personaggio può bastare a caratterizzarlo nel profondo, se si sceglie il particolare giusto da mettere a fuoco. Non si può tralasciare il fatto che la riuscita cinematografica del personaggio sia aiutata e co-costruita dalla recitazione di un furioso Kim Rossi Stuart calatissimo nel ruolo e sempre più professionalmente notevole.

martedì 25 gennaio 2011

Generazione 1000 euro


Generazione 1000 euro è un film uscito nelle sale ad Aprile 2009 e girato nel 2008, proprio negli anni in cui l'Italia cominciava ad infossarsi sempre più rapidamente nella crisi economica in cui adesso sembra essere stabilmente impantanata. Si può, quindi, dire che sia una delle prime rappresentazioni di questa società in cui "i figli guadagnano meno dei genitori" come afferma uno dei protagonisti.
Per questo la pellicola si limita ad osservare il fenomeno della disoccupazione e soprattutto della sottoccupazione, senza porsi il problema di fornirne una rappresentazione originale rispetto ad altre trame simili. Siamo, infatti, agli inizi del boom della produzione cinematografica su questa tematica. Quello che emerge è uno stato di stupore che oggi non si trova più nei film sulla disoccupazione giovanile. Lo stesso stupore del geometra che si ritrova continuamente il soffitto sfondato. Dato non irrilevante è che il soffitto del geometra sia il pavimento del protagonista, che guadagna i tanto stupefacentemente declamati 1000 euro al mese.
"Generazione 1000 euro" mostra nel suo semplicismo il candore di quando si rappresenta una realtà nuova. Il titolo sembra un sintetico gesto di protesta, mentre come si vedrà, pellicole successive cercheranno di cogliere nel titolo il lato ironico/drammatico di questa situazione ( vedi "Tutta una vita davanti").
Che dire? A me in genere non piacciono i film con dei titoli troppo semplicistici, o meglio, quando sono troppo naif vengono da me filtrati, ergo esclusi, dalla lista dei "film da vedere". In realtà in questo caso "Generazione 1000 euro" è un film per nulla scontato, che anzi riesce ad analizzare e rappresentare molti aspetti della vita adulta di oggi. Prende anche in esame un aspetto molto importante e spesso cinematograficamente trascurato della scelta lavorativa: quanto si è disposti a stravolgere la propria vita pur di non rinunciare ad una qualsiasi conveniente proposta di lavoro?

lunedì 24 gennaio 2011

Immaturi


Il cinema italiano di oggi sembra essersi abbastanza appiattito sul tema esplicitamente, spudoratamente trattato da questo film. L'immaturità della generazione della crisi è ormai al centro di molte pellicole in cui il tema viene coniugato accanto alle tematiche della paura della stabilità in amore e a volte della disoccupazione. Immaturi usa come pretesto il dover ridare l'esame di maturità di un gruppo di ex compagni di scuola, per ricavalcare l'onda di "Notte prima degli esami" e sequel. Il detto "gli esami non finiscono mai è per l'ennesima volta un pretesto facile per ripercorrere con una visione sociologica abbastanza banalizzata la società di oggi. La generazione in questione è quella dei quaratenni di oggi. Il film non si può dire che non decolli, ma vola sempre molto basso, con una sceneggiatura ad un passo dalla mediocrità, nonostante lo sfoggio di nomi noti nel cast.

domenica 23 gennaio 2011

Qualunquemente


Difficilmente un personaggio cabarettistico riesce a trasformarsi in un personaggio cinematografico senza subire qualche contraccolpo in termini di "appeal". Ebbene questa è l'eccezione che conferma la regola: Antonio Albanese nei panni del politico calabrese riesce nell'arco del film a far conquistare al suo personaggio una maggiore completezza. Non si ha l'idea di un puzzle di pezzi ben studiati, ma poco credibilmente incastrati, idea che mi è stata trasmessa, invece, dagli sketch televisivi dell'attore. In questo caso, sembra, insomma vigere il principio contrario: il personaggio cinematografico vince su quello televisivo. Probabilmente questo è tanto più vero quanto più il personaggio di Cetto si avvicina alla persona di Berlusconi. Se non fosse per l'accento e la parlata anche un pò troppo calabrese (temo che qualche nordico possa avere difficoltà a godere di alcune battute), il politico impersonato da Albanese è una fotocopia neanche troppo ritoccata del nostro Premier. I riferimenti sono volontari (alcune battute sono mirate riproposizioni di ipse dixit del Presidente del Consiglio), ma anche e soprattutto drammaticamente involontari. Soprattutto alla luce degli ultimi avvenimenti, che non sono neanche più una novità, la politica "du pilu" non è poi così tanto una battuta di cui ridere, ma una verità su cui interrogarsi, mentre la si osserva dilagare.

giovedì 20 gennaio 2011

Kill me please


Quel color simil ocra che snobba il bianco e nero, la mistificazione della morte, questo ospedale psichiatrico dove si pratica una strana forma di eutanasia. I tratti essenziali di "Kill me please" sono ben sintetizzati nel titolo stesso. Questa trama assurda, narrata in maniera a tratti grottesca e a tratti realistica, secondo me è un vero capolavoro. Forse mi sbilancio in questo modo perchè sono entrata in sala aspettandomi una pellicola molto più naif, come del resto il titolo è. In realtà si tratta di una trama mai scontata piena di colpi di scena. Nonostante inevitabili citazioni hitchcockiane, vedi il "bicchiere d'acqua", la storia mantiene un contenuto altamente innovativo. Rappresenta in un'ora e mezza tantissime tematiche nel molto più altamente cinematografico possibile. Inoltre l'abbinamento del color ocra con le scene groottesche e quelle ad alta tensione non erano facili. Starei delle ore a scrivere della profondità di questa trama. Di come si sviscera il tema della follia. La voglia di morire diventa un modo per rompere la noia. Ognuno la trasfroma nella soddisfazione di un proprio desiderio: dal più banale voler morire facendo l'amore...Questa clinica, che mi ha rimandato per libere associazioni all'immagine della "Casa del sonno" di Coe, diventa una fabbrica in cui si realizzano i desideri più perversi. Finchè il nemico non comincia a venire da fuori. E' proprio l'affrontare problemi e minacce reali che porta molti depressi a vincere le proprie difese ed a scendere dall'albero. Tutte queste verità vengono rappresentate visivamente in un modo sublime, senza prevedibilità, con molti colpi di scena. Ad un passo dal giallo.

domenica 16 gennaio 2011

La versione di Barney


Strepitosa recitazione di Paul Giamatti, che interpreta un perfetto uomo mediocre. Più che altro la cosa che colpisce è come i vari aspetti del carattere del protagonista siano scandagliati ed amalgamati tra loro in maniera così realistica. Ad ogni sfaccettatura è dedicato un episodio o una parte del film, ma non si ha l'impressione di assistere ad un film a capitoli o ad un tema a paragrafi. Eppure la poliedricità del personaggio è tale da domandarsi se non si tratti di una persona vera e propria e non di un ruolo. In genere, infatti, ciò che accomuna i personaggi di tutti i generi cinematografici che siano mai esistiti e che esistano è proprio il fare spiccare un aspetto della personalità del personaggio. Tale caratteristica è insita proprio nella definizione del concetto di personaggio ed è ciò che lo distingue dalla persona. Ecco, allora quello che mi viene da dire è che Barney per tutti i 132 minuti è una persona. E questo per merito della recitazione, ma anche della sceneggiatura, che riesce ad amalgamare tanti generi, oltre che tanti tratti caratteriali. Il mistero della morte dell'amico di Barney rappresenta un bel giallo in miniatura che si incastona bene in quella che è nel complesso una rassegna esistenziale sul percorso di vita di Barney. Raccoglie tutto ciò che egli ricorda...fino al momento in cui perde la memoria.

sabato 15 gennaio 2011

Vi presento i nostri


Ai tempi in cui uscirono in sala i due predecessi di questo film mi rifiutai categoricamente di farmi tentare da questa saga che poi con gli anni è diventata un vero e proprio fenomeno pop della cultura americana e non solo. La mia iniziazione al cinema demenziale americano è traumaticamente avvenuta con "Tutti pazzi per Mary"ed essendone stata molto delusa ho accortamente evitato tutti i film sospetti di similitudine, anche solo per il fatto di annoverare nel cast l'ormai emblematico volto di Ben Stiller. Alla fine, cioè oggi, ho ceduto alla tentazione di vedere quello che a questo punto definirei il cinepanettone formato americano. Probabilmente sono stata persuasa ad entrare in sala dalla popolarità che ormai hanno assunto alcune espressioni del film originario "Ti presento i miei", come essere fuori dal cerchio. Dopo aver studiato questo fenomeno direttamente da spettatrice in sala, oggi mi sento di non condividere questa comicità un pò grossier (francamente rimango fedele al buon caro, ormai anche vecchio Verdone), ma al contempo mi rendo conto che questo genere di film può avere un ruolo veramente catartico in quel genere di persone che vanno al cinema solo ed esclusivamente per svuotare il cervello. E soprattutto ho avuto modo di constatare che c'è di peggio.

venerdì 7 gennaio 2011

Tamara Drewe- Tradimenti all'inglese


Che dire di questa commedia all'inglese? Sicuramente di tipico gusto britannico, ma meno legnosa e bacchettona di tante altre. La trama è, infatti, molto leggera e non c'è quel moralismo dilagante in molte commedie made in UK. Del resto il regista non è proprio una persona qualunque. Stephen Frears è autore di film di successo come "Liam", "Alta fedeltà" ed "Eroe per caso". Confesso che le commedie all'inglese non siano proprio quel genere di comicità che mi travolge dalle risate. Mi sembra tutto abbastanza artefatto, ma, come dicevo prima, in questo caso la trama è molto vicina alla moralità (immoralità...) del mondo contemporaneo e si percepisce un modo di sentire più simile a quello della nostra cultura italiana.

giovedì 6 gennaio 2011

Una bella giornata


Faccio la conoscenza di Checco Zalone quando entro in sala e si spengono le luci. Non so nulla di lui e dei suoi trascorsi televisivi. Non vado matta per il cabaret. Addirittura nei miei trascorsi collegiali la mia tv Mondial casa non prendeva il canale di Zelig, per cui sono stata oggetto di un oscuramento culturale non da poco.

Tornando al film, credo che Checco Zalone abbia già un grande aiuto dalla natura. La sua fisicità, il suo volto ed il modo in cui lui li abita ricordano molto il mitico Pippo della Walt Disney. Ed i grandi classici non si smentiscono mai. In più la trama gli si cala a pennello e la sua ironia gli consente di raccontare un'Italia di disoccupazione e di mediocrità, trasmettendo, però un grande senso di speranza.

Una bella giornata è come titolo l'emblema del personaggio del film: della sua imbranataggine. Anche in "Nuovo Cinema Paradiso" il protagonista Totò quando incontra la sua amata e non riesce a dichiararsi, dice imbarazzato "una bella giornata", mentre diluvia. Forse l'idea del titolo dunque non è così originale, ma nell'insieme il film è molto fine e godibile.

mercoledì 5 gennaio 2011

Hereafter


Dopo il deludente Invictus, il grande Clint ritorna a dirigere un grande film, riuscendo a trattare il tema della veggenza e della sensitività, con una grande profondità. Mai avrei pensato che si potesse parlare di un tema così ai miei occhi vacuo e poco realistico, dandogli un tocco così autentico e credibile. Ciò che mi ha spinto nella sala a vedere un film con una trama che avrei assolutamente evitato, è stato proprio il fatto che il regista sia un un ottantenne e non un ragazzo fantasioso. Ed infatti le mie vaghe aspettative non sono state tradite. Clint dall'alto della sua esperienza cinematografica ,ma anche e soprattutto dall'alto della sua età in generale, sa affrontare il tema del passaggio all'al di là con grande curiosità. Il film non incupisce, anzi sembra un viaggio nella parte misteriosa che c'è dentro ognuno di noi. Il vero leit motiv del film è, infatti, quanto sia lecito conoscere nella vita. Tale quesito è declinato, nei riguardi del proprio passato, del passato di chi si incontra. Parlare del passato che non si conosce, dunque anche dell'inconscio, rimanda automaticamente ad una riflessione sul futuro. Oltre ad essere un film che induce ad alte riflessioni è anche tecnicamente di alta qualità. La regia è attenta ad ogni dettaglio e per rimanere in tema con il messaggio del film, nulla è dato al caso. Straordinaria la scena in cui Matt Damon imbocca con un cucchiaino una ragazza bendata durante una lezione di cucina. Formidabile in quella scena la scelta di "Nessun dorma" come colonna sonora.

domenica 2 gennaio 2011

Un altro mondo


Dopo lo choc di "Parlami d'amore", polpettone di una polpettonaggine sconvolgente, entro in sala intimidita, anche perchè la locandina non mi promette nulla di buono. Trasuda buonismo da ogni angolatura. Inoltre la scrittura della sceneggiatura è di nuovo a quattro mani con una tale Vangelista, coautrice di "Parlami d'amore". Il fatto che il film venga proiettato alle ore 17, peggiora le mie aspettative, perchè mi insospettisce sulla sua durata. Che non sia un altro mega-cine-romanzo da 3 ore con endovena inclusa nel prezzo a fine proiezione? La prima parte del film in realtà non fa che confermare queste mie tristi aspettative. Il viaggio in Africa ricorda le manie di scimmiottare i miti americani, o meglio i loro falsi valori, dei fratelli Muccino. (Vedi "La ricerca della felicità" di Gabriele M.). Il secondo tempo, sarà che la situazione era così deprimente che poteva solo migliorare, resuscita un pò il film. Gli scrolla di dosso un pò di patetismo, anche se non del tutto. Alcuni dialoghi riescheggiano "Parlami d'amore" per quanto sono insulsi, superficiali e strappalacrime. Il focus del regista diventa in questa seconda parte il rapporto di coppia di Gabriele Muccino e la Ragonese e la presenza del piccolo "cacca nera" (così lo insultano a scuola) diventa un deus ex machina per approfondire il loro rapporto di coppia, le loro paure ed i loro progetti. A tratti il film è poco credibile, ad esempio nel tratteggiare alcune dinamiche del trio bimbo nigeriano, finto padre e finta madre. Il ruolo di Charlie è troppo irrealisticamente sottomesso. A parte queste critiche di stampo più psicologico che filmico, il montaggio e la sceneggiatura mantengono un livello discreto e rispettabile ed anche alcuni scivoloni nella trama vengono ben recuperati.