domenica 13 giugno 2010

Il padre dei miei figli


"Il padre dei miei figli" è una storia vera. Il produttore cinematografico, il cui suicidio viene raccontato è esistito davvero in Francia. Nel film si chiama Gregoire Canvel e nella realtà di cronaca Humbert Balsan. Nonostante questo, il film si mantiene in una dimensione che ho percepito essere non del tutto realistica, come se volasse a mezz'aria tra cronaca e finzione. Ho detto volasse perchè c'è un senso inspiegabile di leggerezza in questa storia. Sarà perchè è ambientata a Parigi, sarà per la professione del protagonista, che lascia sperare che anche quello che ci viene narrato in realtà non sia vero, perchè in fondo siamo al cinema. Eppure è la realtà. Questa storia di tautologia stilistica distrae dal vero dramma narrato e lasciando scoperto un lato non così evidente del cinema, il suo essere esso stesso un lavoro. Con tutte le debite conseguenze ed implicazioni. Può essere la ricerca della bellezza artistica fonte di dissesti esistenziali causati da altrettanti dissesti economici? La precarietà del mondo di oggi dilaga anche nella apparentemente area protetta dei sogni e si finisce col domandarsi quale sia il confine tra sogno e realtà.

sabato 12 giugno 2010

Bright star


"Bright star" ricorda molto "Lezioni di piano", il film che ha dato il via a questo genere tipico della Campion. Esso consiste nel rendere un'arte, che sia la poesia o la musica, lo spunto ed il luogo per accogliere una passione amorosa sicuramente fuori dai nostri tempi, ma forse proprio per questo ancor più affascinante. La scenografia e la fotografia sono curate in maniera sublime, raffinata e non stucchevole. La recitazione è perfettamente in linea con il romanticismo che la storia vuole trasmettere. Una visione dell'amore così patinata e distante da come tale sentimento viene vissuto a circa duecento anni da quelle scene. Forse vedere queste ricostruzioni ha proprio un senso per capire meglio quello che siamo oggi. Noi che siamo la società di oggi.

giovedì 10 giugno 2010

Humpday


Parto da casa con l'idea di un film sperimentale e goliardico, in realtà tutto questo è solo il lato più banale di una pellicola veramente coraggiosa. Molto più di tante scene di nudo esibite gratuitamente in quello che è il cinema convenzionale di hollywood. Questo film è l'esplorazione del sesso più approfondita che il cinema indipendente potesse fare. Un film anti-hippy e pro-omosessualità. Un film sperimentale sulla sperimentazione sessuale, anzi omosessuale. Una riflessione su quanto la perversione sia in realtà curiosità e quanto la ricerca vuota di trasgressione non possa in realtà arrivare ad alterare l'essenza stessa dei sentimenti umani, violandone l'autenticità. Tutto ciò sembra così pesante da come l'ho scritto, in realtà le battute si susseguono a raffica ed il tutto è architettato in modo da far sembrare l'esperimento sessuale in oggetto la cosa più normale del mondo. Questo paradosso è l'architrave di tutta la storia.

mercoledì 9 giugno 2010

Il segreto dei suoi occhi


"Il segreto dei suoi occhi" è un film melodrammatico travestito da giallo, ma che in realtà della tensione, del pathos e soprattutto del ritmo di un genere come quello che cerca di imitare ha ben poco. Gli attori sono convincenti, la trama potrebbe esserlo, se non si perdesse in continui flashback, che mi hanno spazientita. Come se bastasse andare avanti ed indietro nel tempo, invecchiare e ringiovanire i personaggi per renderli più intriganti e vissuti. Oltre che come giallo questo film cerca di strizzare l'occhio al genere romantico, cercando a tratti di dilungarsi su una storia d'amore non corrisposto narrata con grande banalità (la scena del treno sembra veramente tratta da una pubblicità di un profumo). Quel che si salva probabilmente è la fotografia che rende realistica e patinata al contempo la narrazione.

domenica 6 giugno 2010

Il tempo che ci rimane


"Un Paese non è solo quello che fa, ma anche quello che tollera"

Kurt Tucholsky, 1933

Un montaggio onirico, un pò felliniano ed un pò almodovariano, di tutti quei piccoli gesti quotidiani, che, per assurdità, si possono comparare alla guerra. Essa li riassume e li fa esplodere. Questa la forza inventiva che scatena la fantasia del regista di Nazareth, Elia Suleiman, già premiato a Cannes nel 2002 con "Intervento divino". Questi da stratega di tutta la teatralissima messa in scena de "Il tempo che ci rimane", diventa alla fine protagonista: si appropria della sua creazione entrando silenziosamente in scena. Da Nazareth a Ramallah, dal 1943 ad oggi. La storia viene raccontata tramite piccoli gesti, frustrazioni negazioni, assurdità. Una anziana donna mangia un cornetto gelato di notte di nascosto da sè stessa: ha il diabete. Un uomo si rovescia addosso della benzina ed arriva quasi a darsi fuoco, ma viene salvato da chi conosce questo suo rituale. Un bambino, il regista da piccolo, viene costantemente sgridato a scuola dalla maestra per le sue esternazioni sull'America. Quante regole non dette, quante costrizioni non autorizzate, quante violazioni passivamente tollerate. Ognuno di questi gesti rappresenta la guerra ed il tempo che rimane da essa. Uno zoom microchirurgico su ciò che accade dentro le case, mentre fuori accade la guerra.

sabato 5 giugno 2010

18 anni dopo


Il cinema italiano è un vero cinema d'autore e la più grande dimostrazione è quando escono sul mercato opere prime come questa. Una trama on-the road che potrebbe scadere nel deja vu invece riesce ad emozionare molto grazie ad una recitazione strepitosa del protagonista Edoardo Leo, anche regista. Due fratelli si rincontrano dopo diciotto anni. Far capire "diciotto anni da cosa?" è l'obiettivo del film Il loro viaggio in Calabria è l'iter di questa scoperta graduale. La morte del loro padre è il pretesto narrativo per raccontare il loro rapporto dannato. Se Marco Bonini è l'Alessandro Gassman della situazione: bello e superficiale, Edoardo Leo è, invece, un meccanico balbuziente. Il loro rapporto, che va man mano scoprendosi durante il simbolico viaggio,è molto ben tratteggiato tanto da dare l'idea di due aspetti di una stessa personalità, che devono in qualche modo riuscire a convivere. Unico aspetto che non ho molto condiviso è la costruzione di alcuni aspetti della trama. La sempre femminilissima Sabina Impacciatore, moglie del protagonista, finisce con l'avere un semplice ruolo di deus ex machina per spiegare alcuni aspetti del passato familiare, che potevano essere benissimo raccontati direttamente dal rapporto tra i fratelli. Questo escamotage, mi ha, infatti, dato l'impressione di una parziale ammissione di incapacità da parte del regista di narrare fino in fondo questa storia. Per il resto un piccolo gioiello italiano.

giovedì 3 giugno 2010

The last station


Stavolta non mi trovo per niente d'accordo con la critica che questo film ha riscosso. La grandezza del personaggio di Tolstoj è narrata percorrendo tutti i luoghi comuni del cinema americano, nonostante la produzione sia russo-tedesca. L'invecchiatissimo Chistopher Plummer non riesce da solo a reggere una storia che non entusiasma abbastanza. Il rapporto, pur intrigante, di Tolstoj con la moglie, dopo un pò annoia. Non basta narrare la storia di un grande per fare un grande film.

mercoledì 2 giugno 2010

Non è ancora domani (la pivellina)


Questa storia ha il grandissimo pregio di essere raccontata con la giusta intensità, con il giusto tatto. Non è, infatti, patetico nemmeno uno sguardo dei nostri personaggi. La protagonista è una bambina di due anni e già questo regala al film una dolcezza ed una verità che si prende beffa di tutti i reality che affogano la tv. Aia dice di chiamarsi. Asia si chiama l'attrice nella vita. Viene trovata da sola in un parco dalla almodovariana Patrizia. E' evidente che sia stata abbandonata. Patrizia coglie l'occasione per vivere una maternità mai avuta e per regalare ad Aia tutto quello che un bambino può desiderare di avere: l'amore di qualcuno. Anche non una madre. Qualcuno qualsiasi. La storia di questo amore ancestrale al di fuori del tempo e dello spazio trova una degna metaforica ambientazione nella roulotte-container in cui Patrizia ed il suo mondo vivono. Tutto questo non ha un inizio e nemmeno una fine. Semplicemente è la storia di un incontro e di una separazione.