sabato 22 giugno 2013

Iron man

Un viaggio a ritroso nel mondo dei supereroi. Esco letteralmente dalla mia isola felice di film e risalgo il torrente partendo da The Avengers, approdo ad Iron man 3 nelle sale. Solo per ultimo arrivo a vedere il lievito madre per essere un pò burleschi e decò, del mondo dei supereroi: Iron Man. 
Ecco il primo vagito del grande successo di carriera di Robert Downey Jr.: dallo sguardo troppo impenetrabile e dalla mimica facciale eccessivamente seriosa da poter interpretare con eguale carisma un personaggio del mondo reale. Se Iron Man si propone come una sorta di Clark, la sua evoluzione necessita di una maggiore copertura tecnologica. Qui l'associazione passa subito da Superman a Robocop. 
Quando uscì quest'ultimo film ricordo che i miei occhi rimanevano disillusi di fronte ad una visione troppo cruda e coi pensieri di una bambina credevo che "di questo Robocop" nessuno se ne sarebbe mai ricordato, "soltanto forse mio fratello..." A distanza di vent'anni riconosco la grandezza laddove vedevo la banalità.
Iron man è un eroe umano, ma il suo cuore contiene componenti fantascientifici che lo rendono unico: preda e predatore al contempo dunque. Il pomo della discordia sta al centro del suo costato. Laddove simbolicamente l'uomo colloca le emozioni. Lì dentro Iron Man ha il differenziale massimo che lo distingue dalla specie umana. Così come il pomo della discordia non appartiene a nessuno ed è solo oggetto di contesa, così il segreto di Iron Man è conteso dai suoi rivali. Basta solo questa metafora facile, ma profonda per spiegare l'origine antropologica delle guerre. Robocop questo lo aveva già scoperto. Qual è allora il valore aggiunto di Iron Man? Sicuramente la risposta più facile è "gli effetti speciali", ma il vero tocco di classe sta nella sobrietà dei dettagli, che in un film baraccone per definizione conferisce un senso di equilibrio. Il dono della sintesi del regista non è da trascurare. Tante volte la messa in scena dell'assenza di confini di un supereroe fa dimenticare la presenza di confini negli spettatori, che spesso si trovano a dover affrontare la visione di pellicole temporalmente molto estese.