martedì 31 agosto 2010

Londor River


Brenda Blethyn è veramente sempre eccezionale nel ruolo di donna inglese di basso ceto sociale dilaniata dal dolore. In questo film tutto si gioca sulla diversità e contrapposizione fisica e culturale tra il suo personaggio di madre in cerca della figlia scomparsa e quello del padre del ragazzo musulmano anch'egli disperso. L'attentato del 7 Luglio 2005 all'autobus di Londra è lo sfondo di una pellicola sulla paura e la speranza, sul razzismo e la sensibilità umana. Un pò lento nella parte iniziale in cui questa figura di madre prende forma, è il primo film che vedo ambientato durante quell'attacco terroristico. Per due ore la paura del terrorismo viene vista con gli occhi degli inglesi e non degli americani, per una volta al centro dell'attenzione c'è un autobus e non le torri gemelle. Ormai la destabilizzazione degli animi non ha confini e questo film cerca di regalare una buonista speranza di riconciliazione.

lunedì 30 agosto 2010

The hurt locker



Il fantasioso nome di "Hurt locker" in realtà sottende un funesto mestiere: quello dei soldati che devono disinnescare le bombe durante la guerra. Il panorama è quello della devastatissima Baghdad, il tono narrativo è accostabile a quello di un sentito documentario dalla parte di chi le bombe non vorrebbe vederle fiorire quotidianamente in modo catastrofico sul campo di guerra. Questa è la storia della quotidianità della guerra, della polvere delle esplosioni e della desolazione dei paesaggi devastati.I militari non sono che esecutori di ordini, privi di coscienza o che cercano di ignorarla per non rendersi conto della morte che il mondo dei potenti li costringe a generare. Tutto si nasconde tra colpi di mitragliatrice che sono qui l'imperterrito gemito di quell'anima americana che si batte contro l'insensatezza di tutto questo mondo che si chiama guerra. "The Hurt Locker", premiato nel marzo 2010 c0n l'Oscar, è in realtà prodotto e realizzato già nel 2008, ma rientra tra quelle pellicole contro la guerra, la cui diffusione il governo Bush ha bloccato per evitare che le coscienze degli americani venissero sconvenientemente scosse.

Nemico pubblico


John Dillinger è il nemico pubblico numero uno dell'America degli anni '30. Il suo ultimo anno di vita è narrato in questo thriller dal ritmo serrato con una scenegiatura algida, al di là di ogni stereotipo o presa di posizione. L'attore che interpreta il ganster è Johnny Depp, il quale dimostra di trovarsi molto a suo agio in questo ruolo di uomo fuori dagli schemi. Altrettanto affascinante è il personaggio del capo della polizia che si assume l'incarico di arrestarlo, interpretato in maniera sobria da Christian Bale. Pur non avendo visto la pellicola originale di cui questo film di Michael Mann tenta di essere il remake, posso affermare che si tratti di una narrazione veramente realistica ed imparziale, che cerca di raccontare una parte di verità di questa fascinosa ed al contempo rovinosa vita senza sbavature e mantenendo il punto di vista sempre neutrale.

Antichrist



Suddiviso in capitoli con titoli masochistici come il precedente "Dogville", "Antichrist" è una pellicola gratuitamente violenta ed altamente scontata oltre che poco credibile. Il tono narrativo è marcatamente onirico e la follia dell'Anticristo del titolo sembra essere pesantemente indotta dal viaggio nel cosiddetto Eden, una foresta cupa e silenziosa, abitata da poco usuali animali parlanti, in cui la protagonista viene trascinata dal suo uomo/terapeuta. Il rapporto tra i due è molto polarizzato e poco credibile nei suoi aspetti non sessuali e le scene erotiche invadono la scena molto spesso. La pellicola risulta, inoltre, deficitaria anche in quanto ad originalità: alcune sequenze ricordano "Misery non deve morire". Inoltre il personaggio di Charlotte Gainsbourg evolve in un crescendo di tensione affondando in questo isolamento naturale in modo parallelo alla trasformazione del personaggio di Jack Nicholson in "Shining".

Il rifugio



Se con "Ricky" il tema della maternità è trattato in maniera onirica e fantasiosa, con "Il rifugio" il pancione della protagonista domina la scena dando silenziosamente voce alle paure che precedono la maternità. Il pancione appartiene, infatti, a Mousse, una ragazza che scopre di essere incinta mentre è ricoverata per overdose. Nonostante il maggior realismo della trama di questa pellicola, si avverte una certa continuità nel narrare in maniera celestiale gli eventi della vita. Il rifugio è il luogo in cui Mousse si ritira dopo aver deciso di non abortire. Qui viene raggiunta dal fratello gay del suo compagno, morto invece di overdose. Questo rapporto a due inizialmente pieno di risentimenti subisce un'evoluzione che è figurativamente rappresentata in maniera convincente e sobria. I due finiscono col riempire momentaneamente l'uno la solitudine dell'altro.