lunedì 29 ottobre 2012

Io e te


L'orecchiabilità della traduzione della canzone di David Bowie "Ragazzo solo, ragazza sola" è una delle scelte più azzeccate della trasposizione cinematografica di "Io e te" di Niccolò Ammaniti. Bertolucci affronta la non facile resa filmica del brevissimo, intenso romanzo raggiungendo il momento più alto con la scena in cui la strofa "Dimmi ragazzo solo dove vai, Perche' tanto dolore? Hai perduto senza dubbio un grande amore Ma di amori e' tutta piena la citta'" riassume l'essenza della solitudine dei due fratellastri. Non è facile trovare una canzone che riesca ad esprimere in modo così intonato la profondità di una scena così centrale. Bertolucci è un grande regista e lo si vede anche nel modo in cui riesce a passare da film quali "Il Piccolo Buddha" a questo intimo scenario che minimizza le potenzialità del cinema costringendolo ad una scenografia teatrale. I due protagonisti si ritrovano nel rifugio sotterraneo del loro inconscio dove si animano ricordi repressi, misteri e paure. Grande interpretazione del protagonista Jacopo Olmo Antinori, che riesce a rendere in maniera profonda la non facile adolescenza di chi cerca nella crescita la ricerca disperata di un proprio spazio mentre tutto intorno si impone l'omologazione.

Se il romanzo riesce a prestarsi bene ad un tipo di ambientazione così intimisticamente cupa, la versione filmica ne risente un pò, in quanto l'aspetto visivo non può essere degnamente valorizzato.

venerdì 26 ottobre 2012

Cogan - Killing them softly


Cogan mi era stato descritto come un film estremamente violento e molto lento, così quando entro in sala e le luci si spengono mi comincio a proiettare in una dimensione di aspettative di irrimediabile violenza e lentezza. Allo scoccare del primo tempo ancora non ho  in mano la chiave del film: lo trovo meno noioso delle mie ormai ciclopiche aspettative, ma altrettanto verboso. Seguo così i lunghi dialoghi e primi piani, incorniciati in interni malcurati e claustrofobici. Mi lascio cullare da qualche citazione patinata del cinema gangster americano degli anni 30, macchine d'epoca e colori sfumati, finchè comincio a covare un sospetto, che lievita sempre di più...E se invece di essere un action movie sui gangster di ieri ed oggi, il regista si stesse beffando di tutti noi, nascondendo dietro l'algido viso di Brad Pitt una riflessione ben profonda sul sistema di valori americano? La conferma finale di questa mia asserzione si compie con la scena non a caso conclusiva del film in cui il Presidente Obama parla dei valori di uguaglianza e libertà dell'America. Subito dopo qualche battuta arrivano i titoli di coda.
Per chi si aspetta un action movie "Cogan - Killing them softly" è un flop. Mancano infatti tutti gli ingredienti di tale genere: dalla struttura narrativa alle scene d'azione. Il film può però essere efficacemente interpretato come una riflessione storico-sociale sull'evoluzione (involuzione?) della morale negli Stati Uniti. La sequenza di vetri che esplodono al colpo della pallottola omicida è un rimando al cinema ed alla mentalità dei gangster degli anni del crollo di Wall Street e l'intera pellicola ruota in tal senso. Acquistano così una loro logica l'assenza di una vera storia, che si trasforma in narrazione analitica della psicologia criminale ed anche le scene violente non risultano gratuite.

martedì 23 ottobre 2012

Il comandante e la cicogna

L'incipit de "Il comandante e la cicogna" rispecchia a pieno l'ironia e la leggerezza di Silvio Soldini: le statue di Garibaldi e Dante al centro di una indefinita piazza commentano con il loro fare super partes il fare dei passanti, i tempi che corrono e tutti quei discorsi di cui è intrisa la nostra qualità. Dalla fotografia accurata, il film "Il comandante e la cicogna" mette in scena con apparente buonismo e con grande arguzia la vita di una famiglia "qualsiasi", con tutti i suoi fantasmi, i suoi problemi e le sue incomunicabilità. I personaggi sono tutti molto ben scritturati, ma in questa atmosfera a metà tra realtà e finzione si ambienta al meglio il personaggio del figlio Elia, capace di zittire il padre con citazioni celebri e di irritare la sorella con domande per lei assurde. Con questo film Soldini ci regala un quadro solido della famiglia di oggi, in cui i problemi si affrontano assieme ed anche nell'incomunicabilità (tra padre e figlio) c'è accettazione. 

lunedì 15 ottobre 2012

Tutti i santi giorni

Paolo Virzì si è sempre contraddistinto per la regia di film originali e di uno spessore insolito: da “Ovosodo” a “La prima cosa bella”. Con “Tutti i santi giorni” il regista toscano fa un tonfo nell’ovvietà con una storia melensa e personaggi poco credibili. Se da un lato la recitazione degli sconosciuti attori protagonisti è sicuramente ragguardevole, dall’altro i loro personaggi sono fin troppo macchiettistici. La trama è forte e viene raccontata con l’inconfondibile binomio di leggerezza e profondità dei film di Virzì, ma sembra perdere d’occhio proprio il focus centrale su cui si era concentrata. Una bella riflessione sulla genitorialità viene trasformata in una inutile cronaca di una storia d’amore, come se il cinema dovesse per forza spiegare tutto: dall’ inizio alla fine. Nonostante ciò la scena della panchina merita, sia per la recitazione degli attori, che per il tono con cui è narrata, l’intero biglietto.