martedì 28 dicembre 2010

La Banda dei Babbi Natale


Se di cinepanettone bisogna morire, scegliere l'ultimo film di Aldo Giovanni e Giacomo è la morte migliore che si possa fare. Dopo il catastrofico "Cosmo sul comò", il trio siciliano torna sul grande schermo con una storia autentica, credibile, compatta, ben narrata. La comicità è garbata, innocente, studiata. Ciò non vuol dire che non si rida a crepapelle. La trama coinvolge, inoltre, l'attrice Angela Finocchiaro in una parte di poliziotta che le sta a pennello e la rende più credibile di tante altre sue performances. Non sempre, dunque, il comico fa perdere di valore gli attori, anzi quando ciò non accade è sintomo di alta qualità della pellicola. E questo ne è il caso. Esilarante la partecipazione di Mara Maionchi.

lunedì 27 dicembre 2010

Memento


Il titolo di questo film di Nolan del 2000, significa ricordo e anche questa pellicola, come "Inception" si incentra sul tema della memoria. In questo caso la traccia è meno visionaria anche se tutto il succedersi degli eventi è smontato grazie ad un sapiente montaggio. Nemmeno in questo caso la trama è lineare, ma sicuramente il personaggio del protagonista è più a fuoco. Il terma del ricordo deve affascinare molto Nolan, che anche in questo caso lo pone al centro della trama. Il protagonista è, infatti, affetto da una malattia che gli annebbia la memoria a breve termine. Da questo presupposto iniziale dipende tutto il genere di narrazione, per forza di cose scombinata, in quanto segue il percorso del pensiero del protagonista. Ho trovato molto affascinante l'immagine di Guy Perce col corpo tatuato delle frasi che narrano gli eventi più significativi della sua vita. La scrittura diventa uno strumento di recupero della memoria. Anche l'lternarsi di scene in bianco e nero e a colori è una buona rappresentazione dei vari livelli di coscienza e di narrazione.

The Tourist


Sotto Natale sembra vigere la norma per cui la soglia di accettabilità di una pellicola per essere prodotta si abbassa, o meglio si sa che è più facile riempire la sala senza sforzarsi troppo. "The Tourist" è un film che sfiora il comico da quanto riesce ad essere poco credibile e kitch. Gli abiti di Angelina Jolie sono sempre sopra le righe e la staffetta di comparse di attori italiani è il modo peggiore per rendere omaggio all'Italia. Il film, ambientato a Venezia, è, infatti, un'accozzaglia di luoghi comuni sul nostro Paese. Se non fossi stata in compagnia di una persona che mi ha coinvolto nel tentativo di comprendere assieme la trama, pergiunta presuntuosamente contorta, avrei mandato tutto a quel paese e mi sarei arresa alla semplice contemplazione delle sequenze. Non tutti i film, infatti, meritano di essere seguiti. Ma a Natale, quando ci si barcamena tra cinepanettoni più o meno riusciti...anche "noi" commentatori ci addolciamo un pò.

lunedì 20 dicembre 2010

L'esplosivo piano di Bazil


Troverei molto interessante una analisi psichiatrica della mente di Jeunet. Trovo, infatti, qualcosa di profondamente malato ed al contempo geniale nel suo modo di concepire e girare film. Stavolta l'esplosione vera è quella dell'immaginazione e della fantasia che perdono quell'alone di mistero che c'era in "Il favoloso mondo di Amelie", ma al contempo guadagnano un ritmo migliore rispetto a "Una lunga domenica di passioni". La mente di Jeunet riesce a rastrellare dalla memoria più antica tutti quei pensieri tipici dell'infanzia, in cui mancano ancora alcune capacità del ragionamento. La trama narrata stavolta sembra esattamente quella uscita da un gioco infantile di gruppo. Quante volte da piccoli si è gioito della presenza di scatoloni di cartone casualmente e temporaneamente disponibili in casa? Quante volte ci siamo nascosti dentro sperando di riuscire ad essere flessibili come la ragazza del film? Quante armi abbiamo fabbricato?Tutte queste idee poi razionalizzate dal tempo, sono qui contemplate nella purezza del momento del loro concepimento. Un film irresistibile e profondo.

domenica 19 dicembre 2010

American life


Una commedia meno caustica e catastrofica di "Revolutionary Road" e di "American beauty", probabilmente meno angosciante, ma al contempo meno coinvolgente e toccante. Le aspettative che avevo nei confronti di questo film che ripercorre una serie di tappe esistenziali e geografiche, erano diverse. Pensavo si trattasse di un film condotto con uno stile di maggiore continuità con le pellicole precedenti. Il genere di "American life" in realtà mi ha molto ricordato il catastrofico "Somewhere". Forse per questo senso del vagare o forse per questa più o meno subdola assenza di valori, o meglio di certezze. La certezza di poter fare affidamento sui propri genitori, il poter avere un luogo in cui vivere in cui ci si sente accolti, la sicurezza interiore per affrontare un matrimonio. Tutti i meccanismi e gli equilibri della società tradizionale vengono scardinati. L'impatto del film al di là del messaggio non mi ha però coinvolto, probabilmente perchè ricalca il ritorno di una cultura yuppie, che non sento nell'oggi così presente.

venerdì 17 dicembre 2010

La bellezza del somaro


In un casolare sospeso nell spazio e nel tempo vengono trasportati tutti gli psicodrammi familiari e sociali della società moderna. Il patetismo è sfidato con l'ironia. Ne esce una commedia a tratti oniricamente felliniana, a tratti teatrale, che rappresenta il mondo di oggi riuscendo a coglierne una quantità di sfumature veramente impressionante. Il trigenerazionale, i rapporti di coppia, i tradimenti ed il rapporto genitori figli. Il fallimento degli ideali di una generazione di sessantottini, il prolificare delle canne come forma di condiisione di un'esperienza. Tutto questo e molto altro ancora viene frullato in un'esilarante commedia che vuole fare i conti con la realtà, ma mantenendo un punto di vista artistico, in modo da ridurre il senso di amarezza. Il film è anche pieno di provocazioni come quello della figlia Rosa che si fidanza con un vecchissimo per lei Enzo Iannacci, il quale per tutta la durata del film è una sagoma magrittiana. Rappresenta "il vecchio" e basta, forse proprio come lo vede la adolescente. L'immagine del somaro è l'emblema della società come viene qui rappresentata: limitata e ridicola, ma al contempo innocente e piena di tenerezza.

domenica 12 dicembre 2010

In un mondo migliore


Il titolo è una forte antifona rispetto al contenuto di un film che sviscera il significato che può assumere in diversi contesti, a diversi livelli, la violenza. La violenza è dentro di noi ormai e paradossalmente quella vera delle sparatorie in Africa fà meno paura. Perchè almeno ha un senso. Un orribile motivo di esistere in quel luogo ed in quello spazio. Invece tra le mura domestiche il silenzio è violenza. Il bullismo è violenza. Soprattutto quando esplode in un fenomeno molto più vasto e subdolo. La violenza in questo film è assorbita nell'anomo di ciascun protagonista che la mette in atto. Il maestro di questo genere è il Lars Von Trier di "Dogville", ma il motivo per cui una tale esigenza narrativa continua ad essere rilanciata va analizzato nella società di oggi, nel modo in cui la tragedia delle Twin Towers è stato metabolizzato in questi dieci anni.

La regia è asciutta ma presente, i bambini veri protagonisti hanno una recitazione veramente profonda e convincente.

venerdì 10 dicembre 2010

RCL Ridotte Capacità Lavorative


Si può definire questo lungometraggio un simpaticissimo documentario felliniano sulla situazione attuale dei dipendenti della Fiat di Pomigliano D'arco. La fnatasia irrompe in questo dramma raccontato come una cronaca itinerante da un Paolo Rossi serio, ma delirante come al solito. Un tributo dell'attore ad una causa sociale ormai ben nota. Le scene sprigionano leggerezza perchè ssono girate nell'assenza totale delle regole dello spettacolo. Non si vuole rappresentare, ma far vedere. Un gran bell'esperimento per dare speranza all'Italia che produce.

lunedì 6 dicembre 2010

We want Sex


Se in "L'erba di Grace" Nigel Cole aveva reso frizzante la riuscita del film con la frizzante trovata del business dell'erba, in questo caso la trama è molto più retorica. Si rende omaggio alla lotta delle donne in Inghilterra (e nel mondo) per la parità dei diritti salariali. Sebbene per molti aspetti il tema risulti ancora molto attuale anche in Italia, questo film, non è riuscito a coinvolgermi più di tanto. Mi è sembrato più che altro un buon compitino per toglersi dalla coscienza una sorta di dovere morale. Ciò non va a discapito dell'eccellente recitazione e della discreta resa del tema.

domenica 5 dicembre 2010

Il responsabile delle risorse umane


In questa definizione tecnica di un ruolo aziendale dirigenziale c'è tutto il senso di questa pellicola che trasla i valori "ideali" che un lavoratore in siffatta posizione dovrebbe detenere, dall'ambito lavorativo a quello della vita personale. Il responsabile delle risorse umane si lascia infatti talmente coinvolgere dalla vicenda della morte di una sua lavoratrice, tanto da accompagnarla nel suo tortuoso viaggio verso la sepoltura. Il suo diventa dunque un ruolo di responsabilità spirituale, che parte da una necessità di salvare l'immagine dell'azienda, ma finisce col coinvolgere profondamente il personaggio in questione. L'alto senso di rispetto verso il ruolo ricoperto è ulteriormente evidenziato dal fatto che il responsabile non conosce nemmeno la lavoratrice morta. Il film è, dunque, un viaggio on the road attraverso diversità culturali e sentimenti da elaborare in cui il pretesto lavotrativo si perde in un'esperienza molto più vasta e profonda.

venerdì 3 dicembre 2010

Incontrerai l'uomo dei sogni


Woody Allen stavolta limita il proprio turbolento Ego e non compare in scena, lasciando un vuoto ben riempito dalla recitazione dei soliti volti noti (Banderas) mescolati a visi qualsiasi. Un cocktail veramente congeniale al nostro regista, che sceglie una locandina seducente, quanto pop.
La scelta degli attori e l'understatement con cui i più famosi vengono condotti a recitare rappresente magistralmente quello che la vita é: sobrietà e condraddizioni, corna e felicità, instabilità e armonia al contempo. Non nascondo di essere profondamente invidiosa del modo in cui Woody ritrae il mondo: non racconta mai delle favole, ma i casini che le sue trame attraversano e sviscerano hanno sempre la leggerezza di qualcosa che non condiziona così irrimediabilmente la vita. I drammi sono anestetizzati dallo humour e dal vedere tutto sempre così precario e stabile al contempo. Credo che coi tempi che corrono questo modo di fare cinema diventi sempre più l'emblema di una filosofia di vita desiderata dalla gente comune, che vive di momenti e di assurdità. Per questo credo che Woody Allen, che sia virtualmente presente o fisicamente nelle proprie creazioni, sia il più grande cineasta (assieme al collega Clint Eastwood) del cinema americano contemporaneo. Talmente geniale da potersi permettere di prendere e lasciare, dipendere ed autonomizzarsi dalle proprie muse ispiratrici, vedi Scarlett johansson, senza perdere un colpo.

giovedì 2 dicembre 2010

The killer inside me


"The killer inside me" è un noir molto simile a "Non è un Paese per vecchi", ma, nonostante non raggiunga i livelli di interpretazione e scrittura del film dei Coen, mantiene comunque un livello di spettacolo rispettabile. La violenza è tanta, ma non sopra le righe. Probabilmente in alcuni momenti l'evoluzione della psicologia criminale del protagonista non è così argomentata e compaiono pezzi di passato sconnessi tra loro. Eppure il risultato finale è convincente.