lunedì 19 novembre 2012

Cinderella man

Dal regista Ron Howard di film che se proprio non hanno fatto la storia del cinema, ne hanno sicuramente riempito il valore (vedi "Apollo 13, Il Grinch, A beautiful Mind), "Cinderella Man" propone uno zoom molto a fuoco sulla storia vera del pugile Jim Braddock durante gli anni della Depressione americana.
 Se la recitazione di Russell Crowe è raffinata e al di sopra delle capacità manifestate dall'attore in altre performance altrettanto ambiziose (vedi "Il Gladiatore"), il film pecca proprio a livello registico per un tono narrativo eccessivamente pietistico, che rischia di fare scadere la pellicola nel patetico. Lo sviluppo della carriera del protagonista viene attraversato cavalcando in modo troppo gratuito il tema della povertà del contesto sociale di appartenenza. Ciò che emerge, in sostanza, non è l'ambizione, nemmeno intesa come voglia di riscatto, ma la cupezza (anche visiva) di un momento triste sia per la storia del pugile, che dell'America intera. 
Se una impostazione del genere può essere vista come calzante nella parte iniziale del film, in cui è strutturalmente necessario dare una consistenza al personaggio, man mano che il suo progetto di riscatto viene affrontato e perseguito, il film rimane monocorde e piatto. Si nota, in sostanza un forte scollamento tra il personaggio a livello fisico e psichico e il contesto che lo circonda, lasciando la parte più energica del film alle didascalie finali. E' come se un elicottero che non sa se riuscirà a volare, piano piano scoprisse di essere un aereo di linea, ma mentre decolla la telecamera continuasse a zoomare sulla pista (di atterraggio e o decollo!), lasciando un senso di ambiguità nell'aria.

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