giovedì 10 febbraio 2011

Biutiful


Torno a casa sconvolta dall'interpretazione di un 'intensità ineguagliabile con cui Javier Bardem anima per 138 minuti l'ultimo film di Inàrritu. Il regista messicano mette alla prova uno dei migliori attori viventi fornendogli l'assist per andare direttamente a Cannes a guadagnarsi la consacrazione francese come miglior interpretazione maschile. Tiene testa al nostro Elio Germano, il miglior attore italiano vivente e, al di là di patriottismi del momento, mi rendo conto a freddo che la competizione si è giocata veramente sul filo di lana.

Ho parlato di assist perchè la trama di "Biutiful" sembra essere proprio cucita addosso al tenebroso Bardem. E dire che quando mi capitò la strana coincidenza di incontrarlo ad una prima italiana di "I lunedì al sole" non avrei mai potuto credere che dietro quel naso schiacciato che avevo di fronte c'era la promessa del cinema degli anni subito consecutivi. Da quel momento a quando è diventato un'icona internazionale, infatti sono solo passati due anni (I lunedì al sole, 2002; Mar adentro, 2004).

Nonostante sia difficile commentare "Biutiful" senza cadere nello sperticato elogio di cui sopra, va ammesso che la accecante recitazione di Bardem è solo un ingrediente di un film comunque tecnicamente molto valido. I personaggi di Uxbal e della almodovariana moglie sono tratteggiati in maniera essenziale, ma profonda: delle vere fotografie istantanee. La cornice scenografica riesce a non essere macchiettistica nonostante tutto sia estremo. Ogni aspetto della vita: dal rapporto di coppia, alle relazioni sociali, dalla famiglia al lavoro, tutto è così maledettamente angosciante perchè reso reale. La morte incombe sul film prima ancora di manifestarsi realmente e fà più paura quando paradossalmente ancora non si è realizzata. Una rappresentazione altresì estrema è quella del lavoro nero, denuncia, seppur collaterale, che il regista lancia.

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