domenica 16 maggio 2010

Robin Hood


148 minuti all'americana. 28 in più rispetto alla regola generale delle due ore. Probabilmente poteva essere tagliata qualche scena all'inizio. E' che ormai debordare dalla durata convenzionale sembra essere un vezzo dei grandi registi made in USA (e non solo...) che vogliono far ricadere maggiore attenzione sul loro ultimo presunto capolavoro. Questa puntualizzazione tecnica è prevedibile per chi, leggendomi, ormai sa che credo che difficilmente un film oltre le due ore riesca a tenere il ritmo. A parte questo, la nuova versione di "Robin Hood" firmata da Ridley Scott si distingue per l'utilizzo di una strategia sulla cresta dell'onda nella produzione americana d'annata: fare leva sul piano temporale, giocando, in questo caso, d'anticipo. Lo si è già visto in "Alice in the Wonderland", in cui la Alice che lo spettatore si trova davanti è un pò più grande di quanto ci si ricordasse. Del resto si tratta di un escamotage che consente di rendere più facile l'originalità di narrazioni altrimenti trite e ritrite. In questo caso Robin Longstride non è ancora il fuorilegge Robin Hood. Eppure i valori che contraddistinguono la storia originaria non sono traditi e Ridley Scott si sbizzarrisce in una pittoresca ricostruzione dell'Inghilterra del '200. La teatralità degli scontri che costituiscono buona parte della pellicola mi ha fatto riflettere sui diversi valori che contraddistinguevano i popoli di una volta. La guerra in particolar modo era vissuta in maniera così inevitabile. Il mettere a rischio la propria vita per difendere patriotticamente la propria terra sembra ancora più incomprensibile se si pensa che non c'erano per contro governi democratici e tutelatori dei diritti dei combattenti. Inoltre rispetto ad oggi è da notare come una volta era il re stesso che scendeva in campo, per combattere e difendere la propria terra, rischiando la propria vita. Viene da sorridere se per un momento si prova a sostituire la faccia di Re Giovanni con quella di Berlusconi.

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