lunedì 3 maggio 2010

Departures


Lo spirito con cui entro in sala per vedere "Departures" non è esattamente quello tra i più convinti. Dopo, infatti, che il mio sguardo si è imbattuto per più volte nelle quattro o addirittura cinque stelle attribuite dalla critica e dalla stampa italiana a questa pellicola giapponese, l'acquisto del biglietto avviene più che altro per una sorta di "dovere morale". Nonostante sia sempre stata intimidita dalla lentezza dei film nipponici e nonostante non abbia ricordo cosciente di almeno un film orientale che non mi abbia terribilmente annoiato, per la prima volta con "Departures" si verifica un'eccezione. Sarà forse perchè in questa pellicola il tema dominante è la morte ed essa non ha tempo per sua definizione universale. Finisce, così, per lo sposarsi benissimo con l'andamento ritmico dei film orientali, senza subire in questo obiezioni da parte di alcun' altra cultura del nostro pianeta. Piuttosto la trama e lo spirito del film, a tratti anche ironico, tende a non focalizzarsi su una visione religiosa della morte in particolare, ma l'obiettivo è di dipingerla il più possibile come parte della vita, come esperienza costruttiva e fonte di rituali universali nella loro particolarietà.

Vincitore del Premio Oscar nel 2008 come Miglior Film Straniero e Premio dell'audience all'ultimo Far East Festival di Udine 2010.

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