sabato 8 ottobre 2011

La pelle che abito


Chi osa sostenere che questo film di Almodovar sia meno almodovariano di altri scagli la prima pietra. Mi meraviglio che persino autorevoli critici abbiano affermato una tal leggerezza, in quanto "La pelle che abito" è solo in apparenza una narrazione differente. A me è sembrato, invece, un film assolutamente di Almodovar: il tema del possesso fisico e mentale, che imperversa nel film ricorda molto "Parla con lei" e persino l'attrice scelta come protagonista assomiglia molto a Penelope Cruz. E poi quell'inconfondibile modo estremo di rappresentare la vita: sempre vivacemente assurda e catastrofica. Era da tanto che non provavo il piacere di entrare in una sala e vedere dispiegarsi intrighi narrativi talmente aggrovigliati da non essere capace dopo mezz'ora di ricordare la storia dei personaggi. Trovo questo incantevole, perchè per me è proprio ciò che Almodovar vuole: spiazzare. La scena in cui Barderas dice al violentatore di sua figlia di avergli inflitto una vaginoplastica è una rappresentazione grottescamente drammatica del dolore di questo padre, una sorta di occhio per occhio e dente per dente, una vendetta dichiarata in una scena inconfondibilmente geniale.

Quello che penso è...chi non vorrebbe una vita almodovariana? Chi non vorrebbe una vita intensa e vissuta, con le sofferenze che generano gioie, e le più grandi ferite che smettono di sanguinare. Chi non vorrebbe avere la forza di raccontare le peggiori sofferenze con l'aria di sufficienza delle sue attrici feticcio, prima tra tutte Marisa Paredes?

Per questo Pedro è uno dei miei registi preferiti: perchè riesce a rappresentare assieme la vita che si vorrebbe con quella che non si vorrebbe, senza che le due cose stonino tra loro.

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