Mi precipito in sala senza nemmeno un fragile tentativo di arginare la mia morbosa dipendenza da Stieg Larsson e da tutte le sue creature, dirette o indirette. "Uomini che odiano le donne" ha un intreccio coinvolgente e personaggi che, pur ripescando nei luoghi comuni più arcani della narrazione, vengono abilmente reinterpretati. La pellicola sembra, in questo caso, un passaggio ovvio e scontato e, proprio per questo, altamente a rischio di banalità. Lisbeth Salander, invece, è lei, anche se il vistoso collare a più punte che porta indosso nelle prime scene, si perde già nelle successive, lasciandola struccata ed inanellata in espressioni e gesti leggermente più umani e meno intriganti di come il nostro Stieg ci aveva fatto credere. L'intrigante Bloomkvist ha un carisma notevole che sorregge il suo fascino nonostante l'assenza di qualche scena erotica sottratta al libro, senza sottovalutare che insegna finalmente al pubblico italiano come si pronuncia il suo cognome. Nei 153 minuti di proiezione, questo debordo temporale di mezz'ora, rispetto alle canoniche due ore, non lascia spazio a quel senso di eccesso di zelo narrativo che le ultime cento pagine del libro mi hanno trasmesso. Qualche anticipazione di troppo rispetto al secondo romanzo mi lascia, però, perplessa: il personaggio di Lisbeth si spoglia pian piano non solo del trucco, ma anche del suo mistero e il perchè questa ragazza giochi col fuoco viene "bruciato" in una scena un pò precoce.
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