"The Aviator" mi ha trasmesso un forte senso di fatica: si trascina troppo. Esagerato in tutto, tempi compresi rischia di rendere questo limite troppo pesante. La storia di per sè, mi ha troppo intrigato. Mi piace questa interpretazione della follia, così ben delineata e caratterizzata in modo così elegante. Inoltre l'idea dell'aviatore è una bella metafora della vita del folle: che parte dalla realtà per distaccarvisi. Inoltre i colori così poco realistici di alcune scene (che mi hanno ricordato molto "The Talented Mr. Replay") rendono molto bene l'idea di queste forti, fulgide, contrastanti emozioni che attraversano l'anima del decollatore. Peccato che la storia si sarebbe potuta concludere anche due sequenze prima, lasciando più fiato al pathos di quest'animo travagliato che, a mio parere, è già esplorato sotto ogni più sottile sfumatura, anche prima del processo. Continuo a sostenere che gli americani si sentano sempre obbligati a rappresentare una precisa scaletta di valori. Non si azzarderebbero mai a tralasciarne qualcuno inviando alla loro audience una lezione di vita incompresa.
lunedì 15 marzo 2010
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento