giovedì 28 aprile 2011

Sèraphine

Sèraphine è l'interessante parabola di una donna di servizio, umiliata come queste figure lo erano, ancora di più, nei primi del novecento, che diventa un'artista e scopre il suo talento nascosto. Fin qui il film sembra una riconoscibile lezioncina ben confezionata su come chiunque meriti di più di un degradante mestiere di cameriera. Eppure fin dal primo quadro che Sèraphine produce si annusa il sospetto che il film prenderà un'altra piega. Il fatto che l'artefatto insignito di cotanti elogi è un innocente e infantile disegno di fiori, getta lo spettatore in una dimensione di surrealtà. Si passa, così, da un triste realismo che dipinge la condizione sociale di questa donna, ad un crescendo di situazioni paradossali che conducono lo spettatore in una dimensione più vicina a quella sognata dalla protagonista, che non reale. Si nota sempre più lo scollamento tra la realtà in cui Sèraphine vive e le sue aspirazioni. La scena in cui la silenziosa protagonista realizza il suo sogno di comprare un vestito da sposa, senza che vi sia uno sposo reale, nè la fantasia di un'amore non corrisposto, rappresenta l'apice di questa ascesi verso la follia.

Il film è scenograficamente povero come semplice è lo scenario psichico che anima la protagonista. Le battute in bocca a Sèraphine si contano sulla punta delle dita e tutto si ancora alla sconvolgente interpretazione di Yolande Moreau, vincitrice per questa interpretazione al Festival di Cannes 2010.









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