Nonostante abbia spesso sentito parlare di lui ed abbia visto spesso i suoi libri negli scaffali più in vista delle librerie più in, non ho mai letto un libro di Tiziano Terzani. Entro in sala ignara di ogni elemento che possa indirizzare la mia impressione. Questo film è, infatti, tratto dalla biografia postuma che Terzani ha dettato al figlio Folco, prima di morire di cancro. In genere è difficile che le aspettative di un libro siano appagate dalla resa cinematografica, anche se questo non è impossibile. In questo caso, pur non avendo letto il testo originario, sono rimasta sconvolta dalla sceneggiatura, così poco adattata alle modalità comunicative della settima arte. Non c'è di fatto alcuna rappresentazione dei vissuto di Terzani. Essi vengono narrati come se si fosse a teatro, senza utilizzare nemmeno uno degli espedienti cinematografici di cui il regista poteva disporre. Nessun flashback anima questa trama che sembra più che altro un dialogo teatrale. Nonostante il tutto sia supportato da una fotografia strepitosamente solare, che esprime a pieno la vitalità di Terzani, e da un cast d'eccezione (Bruno Ganz nei panni di Terzani padre, Elio Germano, nei panni del filgio Folco), tutto questo a mio parere non basta ad animare il film. Esso rimane più che altro un trattato meta-filosofico/esistenziale.
lunedì 4 aprile 2011
La fine è il mio inizio
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