Il grande scandalo si consuma lentamente attraversando le storie di tutti quelli che tra le mura domestiche vivono lo stesso genere di morte o muoiono nel tentativo di sopravvivere, a seconda dei punti di vista. Vivere, sopravvivere, morire nell'anima, annientarsi fisicamente ed essere annientati fisicamente, Bellocchio coniuga il senso della vita all'attivo ed al passivo, proponendo una messa in scena di tante piccole storie.
Cosa succede in una famiglia quando una bellissima figlia rimane in stato vegetativo e la madre perde d'un colpo la forza di vivere? Cosa accade quando una figlia scopre che il padre ha dolcemente collaborato alla morte di sua madre, glielo perdonerà mai? Cosa succede se la voglia di vivere viene estirpata brutalmente dal virus della depressione per colpa della droga? Quale di tutte queste condizioni è vita?
La struttura a piramide della narrazione, che culmina nella scelta del senatore del PdL di dimettersi, votando contro la legge che proibirebbe alle tante Eluna di cessare la loro sofferenza, ha una compattezza sublime. Ogni storia ha una sua direzione, ma non si percepisce alcuna frammentarietà narrativa. Tutto si intreccia, eppure ognuno rimane dentro la propria sofferenza.
Il ritmo è serrato e le scene non sono cupe, ma intense. Il finale conclude, ma lascia intravedere vari squarci interpretativi, tutti segnali di una regia da Leone d'Oro.
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