Questa pellicola è tipicamente di Bellocchio per alcuni aspetti visivi. Spicca, infatti, la cupezza delle immagini in cui le ombre giocano un ruolo da protagoniste. In questo caso, nonostante tale costante, sono comunque rimasta stupita dalle immagini. Più nello specifico è la loro definizione che mi ha colpita. In alcune scene, infatti, le immagini sono simili a quelle dei filmini dei nostri genitori che vengono tirati fuori nei convivi familiari. Sembrano sfocate ed i colori sbiaditi. Eppure nel film quelle scene si riferiscono ad anni correnti e non a cosiddetti "episodi della memoria". Non sono riuscita a farmi una ragione di questa modalità tecnica se non come un modo per dare un'atmosfera di maggiore intimità a questa storia.
Proprio la trama rappresenta poi un altro elemento anomalo. Già altre volte Bellocchio aveva proposto storie talmente intime e con così pochi personaggi coinvolti da sembrare senza uno sfondo, un panorama sociale, un pò come succede tipicamente nei film di Pupi Avati. In questo caso, però , oltre a questo, sembra esserci un intento più documentaristico che puramente narrativo. Sia le prime scene che la struttura stessa del film, scandita chiaramente in episodi temporalmente consecutivi, depistano inizialmente lo spettatore che crede di trovarsi di fronte ad una carrellata di dieci anni della nostra Italia.
Nonostante l'estrema lentezza della trama, l'enigmaticità degli effetti visivi, credo che la scena finale alquanto magrittiana rappresenti un vero tocco di classe per un film che non mi ha convinto fin dall'inizio.
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