domenica 6 febbraio 2011

Another year


"Another Year" si caratterizza come film straziantemente realistico fin dal titolo, che esprime perfettamente il modo in cui una persona depressa vede il passare del tempo, cioè come un piatto " altro anno". Mike Leigh si dimostra non solo all'altezza delle sue precedenti pluripremiate creazioni ("Segreti e bugie"), ma scavalca a mio parere il livello di rappresentazione della realtà fin qui raggiunto. Il nostro maestro non ha paura di scavare ancora più a fondo nella mediocrità della vita di chi sopravvive nei sobborghi di Londra, scoprendo qui una sofferenza messa a fuoco in maniera così nitida da essere impressionante. Complice una fotografia perfettamente sincronizzata con lo stato d'animo del film ed una recitazione da far invidia a qualsiasi premio Oscar degli attori principali. Uso l'espressione "stato d'animo" del film non a caso. Non si può, infatti, dire che si tratti di un film univocamente drammatico, ma proprio come l'umore di una persona depressa emergono a sprazzi lampi di umorismo geniale. Da questo punto di vista, l'armonia tra i vari aspetti del film è ammirevole e la potenza della sceneggiatura fa rimpiangere di non poter registrare l'audio del film per potersi poi ritrascrivere determinati passaggi.

Al di là dell'impatto emotivo e visivo, "Another year" è anche un vero trattato sul ruolo dello psicologo nella società e nella professione. Non so quanto consapevolmente Leigh pone al pubblico una pesante riflessione deontologica. Fino a che punto è giusto fare entrare nella propria casa e nella propria vita una persona disperata per puro senso di compassione? E poi ancora: quanto è utile la pietà per chi soffre? Aiutare così narcisisticamente gli altri è un vero aiuto?

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