La prima volta che ho visto "La strada" non ero ancora un' adolescente. Ne ricordo solo la figura burlesca di Giulietta Masina ed il colore bianco e nero della pellicola. A distanza di quasi 18 anni, entusiasmata dal documentario "Che strano chiamarsi Fellini", decido di rivederlo. Il personaggio principale di Giulietta Masina spicca con eleganza e maestria sul grigiore neorealista del mondo che la circonda. Nonostante la sua indole semplice e credulona, non rimane vittima della sofferenza che lei stessa sopporta e comunica, riuscendo a rimanere ancorata ad un mondo alimentato dalle sue speranze e fantasie. La strada è il suo ring in cui combatte, come tante persone durante il
dopoguerra, per la sua stessa sopravvivenza. La strada è un film forte e profondamente triste, ma di quel tono di tristezza artisticamente reso in maniera talmente credibile ed al contempo relativo, da raggiungere la perfezione estetica della rappresentazione.
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