Esistono tanti tipi di violenza: esiste la cruenza, la volgarità verbale, la gratuità dei gesti. Educazione siberiana non è il film violento che immaginavo fosse. Credevo che avrei visto più sangue e più orrore a livello visivo. In realtà Salvatores propone un film documentario, che da alcuni critici italiani è stato posto in parallelo a Gomorra. Narra, infatti, la violenza mentale che parte da una struttura valoriale improntata sulla difesa estrema e sull'attacco. Le scene più impressive del film sono, infatti, proprio quelle che ritraggono i volti dei bambini, ormai abituati a vedere determinate scene.Le loro espressioni sono lievemente turbate, non sconvolte o affrante. Sembra che sia stato loro sottoposto uno stimolo ambiguo, piuttosto che palesemente chiaro. La chiave di volta del film sta proprio nella citazione con cui inizia: Un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare. La violenza diventa dunque parte di una educazione sociale e arriva a rientrare se ben incanalata, in una sorta di normalità. Interpretato egregiamente da John Malkovich, al quale spesso viene ritagliato il ruolo della mente malvagia, "Educazione siberiana" è un film italiano che non parla dell'Italia. Controcorrente, coraggioso, dissacrante, Salvatores esplora un genere non facilmente definibile perchè a metà strada tra il drammatico, la denuncia ed il documentario. Nonostante ciò "Educazione siberiana" è come una autostrada ad unica corsia: non ha molte chiavi di lettura, propone una realtà e lascia poco spazio all'immaginazione. Salvatores utilizza, infatti, tutti i mezzi scenici per mettere in chiaro il soggetto. Poco è lasciato allo spettatore a livello cognitivo. Quello che resta è un forte impatto emotivo da gestire.
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