Con "Red Lights" esco completamente dall'isola felice di genere cinematografico sul quale sono abituata ad esprimermi. Pertanto all'inizio ho la crisi della pagina bianca...ho paura di non capire bene la trama: in genere i film che sconfinano con l'immaginazione seguono una logica poco terrena. Seguo la storia interrogandomi per ogni aspetto che mi coglie di sorpresa e vivo per tutto il tempo in uno stato di stupore e di attesa che l'orrido, il trucido si impossessi del mio sguardo lasciandomi sconvolta. Probabilmente ero rimasta un pò suggestionata dal trailer e dai racconti dei miei amici che avevano visto "Buried", il film di Rodrigo Cortès, regista di "Red Lights", uscito nelle sale un paio d'anni fa. Per tutto il film rimango affascinata da una trama in bilico tra metafora sociale e paranormalità allo stato puro. A rappresentare l'America della falsità e degli inganni c'è l'attore che maggiormente incarna l'icona del cinema americano: Robert De Niro. Col suo sguardo cieco coperto da occhiali imperscrutabili, De Niro monopolizza la necessità di credere nei potere ultraterreni ingannando milioni di americani attraverso spettacoli truccati. Nel frattempo gli scienziati si prodigano a trovare evidenze empiriche dei suoi poteri, mentre il giovane protagonista del film gioca le sue carte coi piedi per terra, fino al capovolgimento di ruoli finale. "Red Lights" cavalca furbescamente una universalità di tematiche riuscendo a trascinare qualsiasi spettatore, in quanto gli lascia carta bianca di scegliere che film vedere ed in quale questione sociale, morale o indagine psicologica rivedersi. Le metafore sono, infatti, così ampie che chiunque può vedervi il proprio film, ma al contempo la trama rimane abbastanza coi piedi per terra sventando il rischio di un viaggio onirico senza nè capo nè coda. Inutile e stereotipato il preludio iniziale, con inquadrature che tagliano i particolare e non solo, lasciando un senso di trasandatezza, ma resta il dubbio che anche questo effetto non sia voluto.
sabato 10 novembre 2012
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