lunedì 23 aprile 2012

Diaz

Diaz è un autentico pugno nello stomaco. Entro in sala travolta dall'incipit ex abrubto: una sequenza di immagini in steady cam che cercano di rendere più documentaristica possibile l'interpretazione di quel fatidico G8. La violenza è la vera protagonista in un film senza attori principali, ma dove tutti sono vittime o carnefici della stessa. L'analisi sociale di Vicari è veramente accurata, tutto si concentra sulle distinzioni tra manifestanti pacifici e black block e tra polizia sanguinaria e polizia e basta. Si parte dal caos più totale, da quella bottiglia che cronicamente si infrange alla moviola contro la strada e poi tutto ricomincia, ma con sempre maggiore chiarezza. Quando tutto viene spiegato  (alla base di questa interpretazione ci sono gli atti processuali consecutivi al G8) non resta addosso che un senso di violenza e di angoscia data dall'irreparabilità delle azioni di chi ha voluto fare di tutte le erbe un fascio. Questo film inoltre spiega molto bene come possa succedere che una condotta repressiva insana e perversa possa essere messa in atto in maniera sistematica da quella folla che non pensa: perchè questo ormai è un dato scientifico.

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