Come un tuono, la morte del "malvivente-per-necessità" Luke, irrompe nella vita del microcosmo in cui ognuno di noi costruisce la propria esistenza, ma in particolare di due persone: il poliziotto "colpevole" dell'uccisione ed il figlio di solo un anno al momento del misfatto.
"Come un tuono" corrisponde a140 minuti di film in cui si dipanano le strade delle rispettive coscienze di chi si è macchiato le mani di un delitto,seppur nella legalità, e di chi a questo sangue vuole dare un senso.
Pur eccedendo nella ridondanza descrittiva del personaggio di Luke nella prima ora di film, la storia si rianima nella seconda parte riscattandosi con un buon ritmo. Nonostante il regista riesca a non cadere mai nel patetico, non riesce però a sfuggire alla prevedibilità della trama, messa giù seguendo tutti i luoghi comuni del cinema americano. E di film simili ahimè ne sono stati sfornati tanti: "Molto forte incredibilmente vicino", tanto per citarne uno. Il parallelismo facile con altre trame rende difficile anche il finale, che a mio avviso è troppo narrato e poco cinematografico. Credo, infatti, che il cinema debba lasciare spazio all'immaginazione, non debba riempire di spiegazioni completive.
Deve rimanere qualche angolo in bianco, qualche parola mancante, una inquadratura spiazzante o una colonna sonora disallineata. Lo spettatore ha il diritto di scegliere come riempire queste sbavature, a malavoglia anche, ma senza senza che gli sia precluso il gusto di proiettare un pò del suo mondo in quello che vede.
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